Kvara, Olivera, Raspadori e le preventive: questo Napoli può ancora migliorare (e tanto)
L'eliminazione del Napoli dai Quarti di Champions League, arrivata al termine di una cavalcata pazzesca da parte degli uomini di Luciano Spalletti, non deve scoraggiare i tifosi azzurri per non essere arrivati fino in fondo a una competizione in cui, sulla carta, la conquista della finale era possibile (vista anche e soprattutto la forza della squadra, più che la presunta "abbordabilità" delle avversarie). Non solo, infatti, il doppio confronto col Milan non ridimensiona il valore di Osimhen e compagni, ma ci dice anche che questa squadra ha ancora ampi margini di miglioramento. Sì, avete capito bene: per quanto la chiave del successo del Napoli in questa stagione sia rappresentata dal vivacissimo sperimentalismo tattico di Spalletti, questa rosa ha ancora molte possibilità inesplorate.
Prima di tutto: le preventive
Se nella prossima estate dovesse essere confermata l'ossatura del gruppo squadra e, soprattutto, se dovesse restare l'attuale guida tecnica, allora non c'è modo di dubitare del fatto che mister Spalletti si metta al lavoro anche su aspetti su cui possono e devono essere apportati vistosi cambiamenti. Il primo riguarda sicuramente le marcature preventive, vero punto debole della fase di possesso del Napoli, venuto fuori non solo in occasione della doppia sfida di Champions col Milan, ma anche in quella d'andata con l'Inter a San Siro e nello 0-4 rifilato proprio dai rossoneri agli azzurri nel match del Maradona.
Contro avversari che difendono con blocchi medi e medio-bassi e che ricorrono a lunghe fasi di difesa posizionale, agli azzurri non sono concessi né la profondità giusta per innescare Osimhen né la possibilità per gli esterni offensivi di saltare l'uomo. Di conseguenza, a causa della densità di uomini dentro e a ridosso dell'area e di continui raddoppi in marcatura sugli esterni, Spalletti chiede non solo ai terzini di assumere compiti di rifinitura, ma anche ai centrali di salire per far circolare velocemente la palla e forzare la giocata. A maggior ragione quando Lobotka è schermato efficacemente, come fatto da Bennacer, che ha eseguito alla perfezione l'ottima intuizione di Pioli di schierarlo vertice alto di centrocampo nei tre incontri con i partenopei.
Insomma, il Napoli, predisposto fisiologicamente ad avere un baricentro molto alto, in queste situazioni richiede ai suoi difensori un coinvolgimento ancor più grande rispetto a quello impiegato solitamente in fase di possesso. Cosa che, unita alle ottime capacità di pressing e all'intensità di avversarie come Milan (ma anche l'Inter), di fatto rappresenta una trappola per gli uomini di Spalletti che, negli incontri con i rossoneri, con i propri centrali hanno lasciato spesso e volentieri palla scoperta agli avversari e non hanno provveduto adeguatamente a curare marcature e coperture preventive.
Un vulnus nell'ambizioso sistema di gioco dei partenopei, che è costato caro in campionato in occasione del gol di Dzeko e del secondo gol di Leao e in Champions in occasione di quello di Giroud. Se, forse, Kim si è già dimostrato un calciatore affidabile in questo tipo di situazioni, qualche dubbio ci sovviene su Rrahmani, che invece ha mostrato grandi difficoltà in campo aperto, sia quando deve recuperare che quando deve seguire l'uomo. Probabilmente, da questo punto di vista, occorrerà intervenire sul mercato visto che anche Ostigard, per espressa ammissione di Spalletti, è un po' carente in questo fondamentale.
Napoli-Milan, sfida di campionato. Tonali va in pressione su Zielinski per rubargli la palla: una volta conquistata, la servirà a Leao che, lasciato solo da Rrahmani (il difensore del Napoli è fuori dall'inquadratura), ha tutto il tempo per iniziare quella discesa micidiale da cui nascerà il gol del bellissimo 0-3
Secondo: la connessione Kvaratskhelia-Olivera
In secondo luogo, c'è da migliorare l'integrazione nel sistema di gioco degli azzurri dei giocatori acquistati nello scorso calciomercato estivo. Può sembrare paradossale, dato che siamo stati ingannati dal gran lavoro fatto da Spalletti quest'anno, ma in realtà anche questa è una cosa assolutamente fisiologica (d'altronde, non serve ricordare che il Napoli si trova di fatto al primo anno dell'attuale ciclo tecnico).
È indubbio, infatti, che calciatori come Olivera e Raspadori non abbiano ancora reso al meglio del proprio potenziale e che non abbiano ancora trovato l'intesa giusta con i propri compagni. Se però dell'ex attaccante del Sassuolo (su cui torneremo tra poco) si può dire che tutto sommato il bilancio della stagione è positivo, più incerto resta invece il giudizio sul difensore uruguagio, ancora lontano dal top di ruolo che abbiamo ammirato con la maglia del Getafe.
Oscurato dalla grande stagione sin qui disputata da Mario Rui, Olivera ha dato solamente in poche occasioni saggio delle sue grandi capacità nelle sovrapposizioni interne che, grazie all'esuberanza fisica, sono davvero difficili da assorbire per le difese avversarie. Lo abbiamo visto in diversi spezzoni di gara e ne abbiamo avuto la riprova con il Milan al Maradona: il Napoli ha fortemente bisogno di affinare l'intesa tra Kvaratskhelia e Olivera, che con ogni probabilità saranno i padroni della fascia sinistra nella prossima stagione.
È una questione di timing, di fluidità posizionale e di connessioni, ma se Khvicha non fosse stato costretto a giocare largo, in isolamento, contro Calabria e Krunic che raddoppiava costantemente, probabilmente non avrebbe prodotto quell'ingente e frenetica, ma infruttuosa, mole di gioco che ha condizionato le difficoltà offensive degli azzurri per quasi 90'. Mentre il georgiano si dannava per creare dal nulla occasioni con un coefficiente di difficoltà altissimo, infatti, veniva da chiedersi dove fosse Olivera e perché, anche quando si inseriva con i tempi giusti, di fatto non riusciva mai a dar vita ad un scambio di palla veloce con Kvara. Sulla sinistra, dunque, hanno giocato due uomini talentuosi, ma soli, e su cui Spalletti dovrà lavorare per affinarne l'intesa. Da questo punto di vista, l'infortunio di Mario Rui – che con ogni probabilità ha già terminato la stagione – è l'occasione giusta per farlo.
Infine: Raspadori dodicesimo uomo
L'ultimo aspetto riguarda, come dicevamo, Giacomo Raspadori. L'attaccante classe 2000 sin qui è stato utilizzato come rincalzo, l'uomo che ha dovuto sopperire, ancor più di Simeone, all'assenza di Osimhen quando il nigeriano è stato infortunato. In realtà, però, l'ex Sassuolo ha la qualità e lo spessore per fare da dodicesimo uomo in questo Napoli, un po' come Elmas. Grazie alla sua brevilineità e alla grande intelligenza degli spazi, infatti, Raspadori è la pedina giusta al centro della trequarti quando gli azzurri si trovano a fronteggiare avversari schierati in fase di difesa posizionale e che, magari, rinculano tutti in area quando il Napoli prova a muovere velocemente il pallone a terra da una parte all'altra del campo a ridosso dei diciassette metri.
D'altronde, contro il Milan abbiamo assistito ad uno Zielinski molto svagato, incapace di andare in soccorso di Kvaratskhelia quando questi si trovava a fronteggiare due o anche tre uomini alla volta e poco ambizioso nelle giocate (eppure avrebbero fatto assai comodo le sue capacità di inserimento e il suo calcio da fuori), mentre l'ingresso di Raspadori come sottopunta ha cambiato la partita. Non è un caso, infatti, che nei 16' finali il Napoli abbia conquistato un calcio di rigore (poi fallito da Kvaratskhelia) e abbia segnato un gol (proprio su assist dell'attaccante della Nazionale).
Raspadori, infatti, è un giocatore che si trova a suo agio anche quando ci sono molti difendenti in area e, grazie ai suoi movimenti, è riuscito a sganciare la coppia Tomori-Kjaer da Osimhen laddove, fino a quel momento, i due centrali rossoneri hanno dovuto badare solo al nigeriano per evitare di concedergli spazi. Contro il Milan, dunque – ma anche contro la Fiorentina alla terza giornata e contro l'Inter alla sedicesima –, abbiamo avuto modo di osservare come Raspadori possa essere un'alternativa tattica validissima nello scacchiere di Spalletti. E, come per Kvaratskhelia e Olivera, il tecnico toscano dovrà lavorare per migliorare le connessioni tra la giovane punta e Osimhen. Ammesso sempre che il nove azzurro non lasci Napoli nella prossima estate.
Ritorno dei Quarti di finale di Champions League, azione del rigore del Napoli. Di Lorenzo può dettare il passagio a Lozano, dato che ha due possibilità di scarico: Osimhen, finalmente libero, e Raspadori, che invece "blocca" la posizione di Tomori e Kjaer. Da questa azione nascerà il rigore fallito da Kvaratskhelia
Sono tutti aspetti, questi, a cui l'ex allenatore della Roma porrà mano dal prossimo ritiro estivo (conosciamo tutti la sua maniacalità). D'altronde, se nella passata stagione il Napoli era piuttosto molle nel pressing alto e macchinoso nelle rotazioni laterali, grazie alla cura e alla meticolosità con cui si è svolto il lavoro a Dimaro nello scorso luglio, oggi possiamo dire che proprio questi ultimi due sono tra gli strumenti principali che hanno consentito agli azzurri di dominare il campo in Italia e in Europa. Non c'è motivo, dunque, di dubitare che Spalletti lo faccia anche con le preventive e con una maggior centralità degli acquisti di quest'anno nel suo sistema di gioco.