Un uomo non è un pigro, se è assorto nei propri pensieri; esistono un lavoro visibile ed uno invisibile.
Questa frase diVictor Hugo poteva essere un’ottima citazione in apertura dell’ultima fatica letteraria di Dario Franceschini: Mestieri Immateriali di Sebastiano Delgado, in libreria da una decina giorni.
Sì, avete letto bene.
Dario Franceschini, l’attuale Ministro per i Rapporti con il Parlamento, l’ex DC esponente di spicco del Partito Democratico, è anche uno scrittore. Per Bompiani ha pubblicato, tra gli altri, i romanzi Daccapo, nel 2011 e Nelle vene quell’acqua d’argento, nel 2006.
Non cadremo nella tentazione di concentrarci più sull’autore che sulla sua opera.
Ci limiteremo a osservare che la sua peculiare situazione rende il Ministro un personaggio perfetto per un romanzo di Palahniuk.
Dal canto suo, Franceschini sostiene di essere un caso rarissimo di omonimia con somiglianza fisica. Nella ribaltina, la presentazione dell’autore nulla riporta sull’attività politica. Come a voler rimarcare un’assoluta distinzione, forse correlata al desiderio d’irresponsabilità, di scongiurare il pericolo di strumentalizzazione.
Pericolo in effetti molto concreto, se pensiamo che il volume, edito sempre da Bompiani, è in realtà uno spassosissimo compendio dei “mestieri immateriali”, scoperti a partire da un’afosa serata d’estate (e quando, altrimenti?), dal protagonista: Sebastiano Delgado.
L’invenzione, infatti, soprattutto in un momento di crisi, suona come qualcosa a metà fra un preziosissimo e geniale suggerimento e una colossale presa per i fondelli. Del resto: come mai in questo mondo sbagliato c’è un’offerta infinita per ogni gusto e ogni esigenza sessuale, dalle puttane, ai transessuali, dalle chat ai locali per gli scambisti e, invece, il mercato non ha nulla per gli altri bisogni immateriali?
Sebastiano Delgado, di cui l’autore ben poco ci dice, mette, quindi, su una bizzarra Agenzia di professionisti di mestieri immateriali. Tramite l’Agenzia sarà possibile fruire, per esempio, dei servizi offerti da:I Silenti, I Pranzisti, Gli Accarezzatori, le Dormitrici, i Tramontisti, Le Sbadanti, I Buttatori.
Non vogliamo privare il lettore del piacere di scoprire la storia singolare e spesso dolcissima d’ognuna delle professioni, tredici in tutto, senza nascondere che esse custodiscono ulteriori spunti di riflessione - come la differenza, inesistente, tra l’attività dei Ballisti (che per mestiere inventano frottole) e quella dei Ricordanti (i quali raccontano storie vere), giacché le storie, quando vengono raccontate, esistono e basta.
Tutti i Mestieri, questo è il punto, si basano sull’inconfessata e inconfessabile necessità di riscoprirsi esseri umani, prendendosi cura delle proprie fragilità attraverso il contatto con gli altri.
Questo profilo è esaltato da una narrazione intessuta d’un umorismo sotterraneo, che ne rinforza uno dei temi fondamentali, teso a porre in luce il progressivo accentuarsi della rarefazione di rapporti umani autentici, contro la diffusissima esigenza degli stessi per vivere una vita migliore.
Un libro, Mestieri Immateriali, che restituisce una visione, con un pericolo latente: il potenziale mercimonio dei sentimenti. E qui si apre un’altra prospettiva interessante. Viene fuori che non tutti sanno fare il lavoro immateriale. Ma esiste una predisposizione anche per praticare un mestiere come il Silente, un servizio richiesto da chi desidera condividere il silenzio, cogliendone tutto lo sbalorditivo e la pace, magari su una panchina, in auto o al bar, anche perché la solitudine è bella fin quando non si resta soli davvero (lo confessiamo, questo mestiere ci ha rubato il cuore).
Insomma, è un talento anche il saper tacere, ma la trovata (invero brillante) esalta anche un altro aspetto, magari non immediatamente coglibile: il piacere assoluto collegato al riuscire bene nel proprio lavoro, quando lo si ama.
Perciò, occorre coltivare il talento che si possiede per un lavoro che sia, però, giusto per noi. Il vero Silente, ad esempio, non sta zitto perché è pagato per farlo, ma perché prova il sincero desiderio del silenzio, l’amore del rimanere assorto nei propri pensieri, per dirla con Hugo.E per questo riesce a far bene il proprio lavoro, portando qualcosa di bello e di utile non solo a chi lo richiede, ma anche a sé stesso, perché così accresce l’unica autentica ricchezza: il tempo per sé.
Il tempo è, infatti, sicuramente uno dei grandi protagonisti del testo. Come sostiene Al Pacino nella superba interpretazione del ColonnelloSlade in Scent of a woman: “C’è chi vive tutta la vita in un minuto”, o in quattordici secondi, come la signora che, nonostante avesse avuto una vita normale e ben quattro matrimoni, dichiara di aver realmente vissuto la propria vita solo nei quattordici secondi d’ascensore che separano il ventiduesimo piano dalla hall dell’hotel Sheraton di Londra, mentre era in compagnia di Jorge Paco, Ascensorista alle dipendenze di Delgado, ovvero, accompagnatore di clienti di grandi alberghi col compito di alleviare, con parole piacevoli e rilassanti, le fobie da ascensore.
Ecco l’intuizione fondamentale del lavoro: l’imperiosa necessità di riagganciarci ad un valore, rifuggendo dall’equazione folle per cui il tempo è denaro; no, il tempo è vita. Questo ce lo dobbiamo mettere in testa una volta per tutte, se non vogliamo sprofondare nell’abisso che teniamo spalancato a un palmo dai piedi, davanti al quale ci ha piazzato un paradigma scellerato elevato a religione. In un’epoca in cui, ad esempio, la gran parte della pubblicità è ormai orientata alla creazione artificiosa di necessità materiali, occorre riscoprire il valore dei bisogni dell’anima, anche - perché no? - attraverso il racconto della magia di un lavoro invisibile, ma reale quanto la verità di un bisogno immateriale.
La fortunata Agenzia di Delgado - divenuta internazionale - lo porterà in giro per il mondo, fino a ricevere ambitissimi riconoscimenti, resi noti nell’incanto delle ultime pagine...
Un’ultima avvertenza, infine. È probabile che, terminata la lettura, proviate l’impulso irrefrenabile di associare mentalmente il Ministro al ruolo interpretato da Christian Bale nel film The Prestige, tratto dall’omonimo romanzo di Christopher Priest
: una coppia di gemelli che condividono segretamente un’identica doppia identità, scambiando di continuo le parti: una (Alfred Borden) principale, più piena ed autentica, che realmente vive, facendo le cose che davvero l’appassionano; l’altra (Bernard Fellon) subordinata, ausiliaria e apertamente strumentale rispetto alla prima.
Non preoccupatevi, è normale.
Demandiamo a voi la scelta su quale Franceschini (il Ministro o lo Scrittore) sia Borden e quale sia, invece, Fellon. Noi ci limitiamo a complimentarci con l’autore.
Complimenti per il libro, Dario.
Solo per il libro, Dario.