Al Femminile

Al Femminile (139)

 

 

Per molti questa terribile malattia sembra finita nel dimenticatoio, sostituita dalle malattie di volta in volta protagoniste sui giornali e in TV, SARS, influenza aviaria, l’attualissima EBOLA, eppure c’è, è silenziosa e per questo più insidiosa. È stata, al contrario, sotto i riflettori, durante gli anni ’80-’90, quando, scoppiata una vera e propria epidemia in tutto il mondo, tanti furono i progetti e le campagne informative, per mettere un freno alla diffusione ed informare i giovani, i soggetti più a rischio. In quegli anni era una malattia particolarmente diffusa tra i tossicodipendenti, poiché altra modalità di contagio è lo scambio di siringhe infette e in quegli anni veniva assunta soprattutto eroina(mediante siringhe). Un famoso spot televisivo terrorizzò in quegli anni tutti i ragazzi, ma ha sicuramente avuto il merito di informare e di imprimere indelebilmente la conoscenza e il timore rispetto all’AIDS. 

 

Ha avuto un forte impatto sui giovani anche la morte di personaggi celebri, uno su tutti, Freddie Mercury, morto nel 1991, dopo aver annunciato di essere affetto e, di conseguenza, molto forte è stato l’impegno del mondo della musica per sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere fondi, tanto per la ricerca, quanto per la cura e il sostegno alle persone malate, molto spesso emarginate dalla società, come avveniva in un passato remoto per i malati di peste. Untori, dissoluti, meritevoli della punizione, del disprezzo e dell’allontanamento. Così erano considerati e, in parte, lo sono tuttora, i malati di AIDS. Anche il mondo del cinema ha affrontato l’argomento. Come non ricordare la straordinaria e commovente interpretazione di Tom Hanks nel film Philadelphia. 

 

 

Il primo dicembre, come ogni anno dal 1988, si celebra la “giornata mondiale contro l’AIDS”, occasione per “ricordare” la malattia, informare, sensibilizzare, proporre iniziative volte alla raccolta di fondi. L’UNAIDS(campagna contro l’AIDS delle Nazioni Unite) ha lanciato la campagna 90x90x90. Essa si propone l’obiettivo di fermare l’epidemia di AIDS entro il 2030, attraverso la diagnosi del 90% delle infezioni, la possibilità di accesso alle cure al 90% degli affetti e l’eliminazione del virus dall’organismo nel 90% dei pazienti(oggi non è ancora possibile).                   La Apple ha creato nel suo store 25 apps, di vario genere, chiamate “Apps for Red” il cui ricavato sarà devoluto per il fondo globale della lotta all’AIDS. In Italia, invece, il Cesvi, ha lanciato dal 2011, una campagna sui social networks, definita dall’hashtag #Virusfreeday, per sensibilizzare i giovani e sostenere i paesi più colpiti(Africa), laddove si registrano numerosissimi casi di malattia tra i bambini, come esito del contagio da madri infette. 

Il tema è scottante e purtroppo sempre attualissimo. Si tratta della violenza sulle donne. Non vorremmo continuare ancora a parlarne nel 2014, eppure è doveroso farlo, essendo questa una realtà costantemente presente, tanto nei paesi cosiddetti sottosviluppati, quanto in quelli ad elevato tenore socio-economico.

 

Violenza sulle donne: qualsiasi atto di prevaricazione, verbale, psicologica, fisica, sessuale, economico-lavorativa, condotto su una donna, sfruttando l’appartenenza al genere maschile. Causa una sporadica o continuativa sottomissione della donna, che vive in uno stato di sudditanza psico-fisica, paura, angoscia temendo per la propria incolumità, fino ad arrivare, nei casi più gravi, alla perdita totale della propria libertà o della propria vita.

 

Abbiamo tutti assistito con angoscia alla tragica vicenda della giovane iraniana Reyhaneh Jabbari, 26 anni, madre di cinque figli, condannata a morte per aver ucciso all’età di 19 anni l’uomo che aveva tentato di stuprarla. Tutti i tentativi di salvare questa giovane vittima di violenza, dall’intervento del Papa a quello di Amnesty International, sono falliti e la condanna, inizialmente rinviata, è stata eseguita lo scorso 25 ottobre nel carcere di Teheran, in cui era prigioniera.

 

Reyhaneh, vittima due volte, è così diventata il simbolo più eclatante della violenza a carico delle donne. I dati sono ancora estremamente allarmanti: solo in Europa nel primo semestre del 2014, 62 milioni di cittadine tra i 17 e i 74 anni sono state vittime di una qualsivoglia forma di violenza. Certamente il fenomeno è sottostimato, se consideriamo che i dati fanno riferimento ai soli casi denunciati e tutti sappiamo perfettamente che, molto spesso, la denuncia non avviene, soprattutto quando la violenza è condotta in ambito familiare, tra le mura della propria casa, rappresentando questo un problema nel problema.

 

 La drammaticità di questo tema è sempre di più sotto i riflettori, di fronte agli occhi sgomenti del mondo intero, che, proprio il prossimo martedì, 25 novembre, celebra la  “Giornata Mondiale Contro La Violenza Sulle Donne”. La data ricorda l’efferato assassinio avvenuto nel 1960 di tre sorelle che, nella Repubblica Dominicana, hanno combattuto contro il regime dittatoriale di Trujillo. Dalle 20:00 alle 21:00 di martedì è previsto il primo flashmob telematico dal nome “Mai più deboli”: un’ora di silenzio collettivo su Facebook in tutto il mondo per gridare silenziosamente, ma altrettanto fortemente, il “no” alla violenza.

 

È l’epoca della comunicazione attraverso i social network e internet, più in generale; l’impatto che questa iniziativa può avere non è certamente da sottovalutare, sebbene costituisca soprattutto una “strategia” per sensibilizzare ogni cittadino del mondo. Non possiamo aspettarci che iniziative come questa siano risolutive del problema, ma che lo sia l’educazione che riserveremo alle future generazioni; di qui, la responsabilità della nostra, che assolutamente non può rimanere a guardare, fingendo che la violenza sulle donne sia una questione risolta ed ormai appartenente al passato. Dunque, conoscere, informare, sensibilizzare, denunciare, protestare se è necessario. Educare ogni donna sin da bambina all’amor proprio, alla stima di sé, a credere alle proprie potenzialità e alla propria realizzazione culturale, sociale, professionale ed economica, indipendentemente da una figura maschile di riferimento. Come non sottolineare allora la straordinaria figura di Malala Yousafzay, giovanissima attivista pakistana di 17 anni, recentemente insignita del Premio Nobel per la Pace, per il suo impegno per il diritto all’istruzione dei bambini, dei giovani e delle donne. Non vi sono, infatti, libertà ed autonomia senza istruzione.

 

Numerosissimi sono stati, inoltre, i progetti e le testimonianze delle donne stesse in favore delle donne per dire no alla violenza; tra questi quello di quattro donne americane, che hanno fondato un blog chiamato “Project Unbreakable”, in cui hanno raccolto oltre quattromila foto di donne, vittime di violenza, sotto lo slogan “Il silenzio copre le violenze: è ora di parlare”. Si tratta di foto, dal forte impatto emotivo, in cui ciascuna donna mostra un cartello che riporta le parole pronunciate dal proprio stupratore. Raccontare la propria storia, insomma, perché altre donne abbiano la forza di denunciare la loro.

 

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Altro progetto di sensibilizzazione al tema è quello cui ha partecipato Valentina Pitzalis, donna il cui volto è stato sfigurato dal marito, che l’ha cosparsa di cherosene per poi darle fuoco (e morire lui stesso). Valentina ha avuto lo straordinario coraggio di esporsi personalmente facendo da protagonista dello spot "Anche io credevo fosse amore", al quale hanno partecipato anche la modella Eva Riccobono, il regista Federico Brugia, nonché numerosi brand di abbigliamento. La realizzazione dello spot è sostenuta dalla Onlus “Fare x bene”, che raccogliere fondi per l’assistenza alle donne vittime di violenza e da “Pari Passo”, un progetto di educazione all’affettività. Lo scopo è soprattutto insegnare alle donne a distinguere un amore sano da una relazione malata, in cui spesso la donna si trova a dover interpretare il ruolo della donna perfetta, che può sfociare in atti di violenza.

 

Per dire basta alla violenza sulle donne in India, dove il fenomeno è ancora estremamente diffuso, degli studenti della Harvard University (USA) di origine indiana hanno ideato una campagna di sensibilizzazione attraverso l’hashtag #embodyindia, cui hanno partecipato sia donne che uomini. Migliaia di foto provenienti da tutto il mondo sottolineano il rispetto per il corpo femminile, il cui abbigliamento non deve mai essere considerato come una ragione valida per mancare di rispetto ad una donna, nonché la libertà di ciascuna donna di esprimere le proprie idee e la propria personalità.

 

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"Complimenti alla mamma che ti ha fatta così bella!"

 

Chi di noi non si è mai sentita dire una frase simile ... magari da un camionista che, mentre ti fa un RX da capo a piedi, non ti lascia nemmeno attraversare ma, da vero cavaliere, ti sfreccia davanti. Che la cavalleria è morta da secoli lo abbiamo capito, e chissà se questi cavalieri non erano poi tutto fumo e niente arrosto! Ma lasciando stare l'idillio della madama angelicata, che tutto sommato avrà fatto più male che bene al raggiungimento della parità dei sessi, basterebbe un minimo di buon senso ed educazione per eliminare da questa sessista società il concetto di ragazza-oggetto.

 

Ma sì, perché apprezzamenti di bellezza si fanno quando si vede un bell'indumento in un negozio e "mammamia che ti farei" si dice con fare ironico quando si desidera un dolce nella vetrina di una pasticceria ma, a quanto pare, anche quando si desidera una donna! Dunque come il bell'abito accontenta la vista e il dolce soddisfa il palato, una bella ragazza sazia il desiderio sessuale. Signore e signori vi svelo un segreto: le ragazze non sono un bel quadro da rimirare, per quello ci sono le bambole. È verosimile che una bella ragazza e un bel ragazzo colpiscono, allora a quel punto che si fa!? Si ammira quella che soggettivamente viene ritenuta la bellezza in questione e si va avanti; altrimenti a colpire potrebbe essere una scarpa dietro la nuca! Quando ci si spinge oltre, quando si guarda una ragazza con desiderio e bramosia di fare l'amore con lei, è un atto di violenza che la donzella in questione è costretta a subire.

 

Da sempre ci hanno insegnato a non fermarci, a non dare importanza a questi "signori", ma per quanto innocui e ben intenzionati siano questi commenti, a nessuna vien da sorridere, ma tutte proviamo un senso di invadenza nella propria intimità a cui nessuno ha libero accesso a meno che non lo desideriamo. Giusto a tal proposito è stato girato a New York un video (che trovate a fine articolo) in cui una comunissima ragazza in jeans e maglietta , passeggiando per le strade di Manatthan, subisce 108 molestie in 10h. Cari maschietti di questo 'rango' specializzato in invadenza e ottusità, sappiate che questo non significa apprezzare una bellezza ma, a malincuore, sono costretta a dirvi che il concetto di bellezza, quelli come voi, non lo sapranno apprezzare mai.

 

«Non ci sono canoni o bellezze regolari, armonie esteriori, ma tuoni e temporali devastanti che portano ad illuminare un fiore, nascosto, di struggente bellezza» (Frida Kahlo).

 

 

“Chiodo schiaccia chiodo”, espressione tipicamente utilizzata per definire relazioni pseudo-sentimentali, di solito di breve durata, condotte allo scopo di dimenticare ed elaborare(?) velocemente la fine di una storia d’amore che ha lasciato il segno. No, niente relazioni sentimentali questa volta! “Chiodo schiaccia chiodo” oggi è lo slogan che ho scelto per parlarvi del susseguirsi nel tempo e negli armadi di famiglia di differenti modelli un intramontabile articolo di abbigliamento, capo cult da generazioni, nonché must-have della stagione (come vi avevo anticipato). Non esiste “fashion victim”(come amava chiamare le appassionate di moda, l’elegante stilista Oscar de La Renta, recentemente scomparso) che si rispetti, che non abbia già comprato (o non stia per farlo) il suo chiodo per questa stagione. Eppure non possiamo ritenerci “degne” di indossarlo se non ne conosciamo per grandi linee la sua gloriosa storia, per cui, proviamo a ripercorrerla insieme!

 

La nascita del chiodo, come per ogni leggenda che si rispetti, è piuttosto misconosciuta e avvolta da un alone di mistero. C’è chi sostiene che la sua invenzione sarebbe addirittura da attribuire all’aviatore tedesco Manfred von Richthofen, il cosiddetto “Asso degli assi” nonché “Barone Rosso” (tra i grandi protagonisti della Prima Guerra Mondiale) e che da quel momento gli aviatori non ne avrebbero potuto più fare a meno vista la sua comodità. Ve lo ricordate il chiodo che dopo molti anni indosserà l’aviatore Tom Cruise in Top Gun?

 

Ufficialmente il mitico giubbotto di pelle, che da tradizione arriva sino alla vita ed è concepito in due varianti di colore, marrone e nero, fu creato da Irving Schott  e introdotto nel mercato dalla Schott NYC nel 1928 con il nome di Perfecto. Era destinato ai motociclisti, i “bikers”, i ribelli per eccellenza, che ne hanno fatto un vero e proprio simbolo di riconoscimento. Quali sono i divi che hanno reso celebre nel mondo il nostro protagonista? Due miti: Marlon Brando e James Dean, che nei rispettivi “Il selvaggio” e “Gioventù Bruciata” indossavano il chiodo nero, con un sex appeal ineguagliabile. Siamo negli anni ’50.

 

Chiodo come esclusiva dei bikers? Nient’affatto! Il chiodo diventa ben presto oggetto iconico per i cosiddetti “greasers”, giovani dai capelli unti di brillantina e pettinati all’indietro, che vestivano anche col mitico Levi’s 501 e stivali o Converse ed ascoltavano Rock & Roll e successivamente Rockabilly. Se vi citassi un certo Elvis Presley? Greasers…..eppure sono certa che vi viene in mente qualcosa/qualcuno! Ovviamente uno dei musical più famosi di sempre, il mitico “Grease”, degli anni ’70, ma ambientato negli anni ’50, i cui protagonisti (John Travolta e Olivia Newton-John) ancora una volta celebrano il mitico giubbotto.

 

Poteva infatti il mondo della musica rimanere sordo al richiamo di un oggetto di abbigliamento così fortemente iconico? Assolutamente no! Negli anni ’50 non solo i greasers americani ma anche i rockers inglesi ed americani adottano il chiodo, che diventerà a partire dagli anni ’70 il capo più indossato dalle star della musica(dal rock al punk fino al pop), acquisendo di volta in volta nuovi elementi di decoro, come borchie, catene e frange, che, peraltro, non ne stravolgono il design. Qualche nome? Robert Plant, Freddie Mercury, Michael Jackson, Sex Pistols, The Ramones, Bon Jovi, Guns & Roses.  Ma quando le donne si sono decisamente convertite ad indossare il chiodo, che abbiamo visto finora essere oggetto del desiderio maschile? Se c’è una donna che ha sempre dettato legge in fatto di tendenze è Madonna ed è stata proprio lei infatti ad indossarlo tra le prime e continua tuttora a farlo, sebbene, per onestà, va detto che oggi Miss Ciccone indossa soprattutto “semplici” giubbotti di pelle piuttosto che il chiodo vero e proprio. Sicuramente quello che ci insegna la cantante di “Like a Vergin” è che un giubbotto di pelle, sia o meno esso il chiodo, può essere indossato in tutte le occasioni, se nell’ambito del giusto outfit. E una conferma viene dalla fashion icon Sarah Jessica Parker, che ha avuto l’ardire di abbinare il suo giubbino nero di pelle, con guanti bianchi, un lungo abito rosa da sera e morbidi capelli sciolti, per uno stile romantic-rock. Ma sono tante altre le celebs innamorate del chiodo: da Kate Moss a Eva Herzigova, da Kirsten Dust a Victoria Beckham, da Rihanna alla nostrana Elisabetta Canalis passando per Beyoncè. Ciascuna con il suo stile unico. Com’è stato interpretato il chiodo quest’anno dagli stilisti? Vi  proponiamo alcuni modelli in un collage! 

 

 

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Un consiglio spassionato per risaltare al meglio il vostro chiodo? Indossatelo con una semplicissima T-shirt, skinny jeans, tacchi vertiginosi, capelli sciolti un po’ spettinati e rossetto deciso! E magari dopo….fatemi sapere!

 

Quanto ciascuna donna tiene al proprio aspetto fisico, alla propria bellezza? Molto, direi. Sì, certamente contano il carattere, la personalità, l’animo, affinché una donna possa essere realmente definita bella ma è vero che “l’occhio vuole la sua parte” e che il nostro corpo è il primo mezzo con cui entriamo in relazione con gli altri, con il mondo. Siamo diventate sempre più abili a mettere in risalto le nostre doti fisiche e a nascondere i nostri piccoli difettucci, ammesso che realmente ne abbiamo(spesso sono solo allucinazioni visive!), anche grazie a tutorial di make-up, hair-style e nail-art ma soprattutto ai più disparati tipi di capi di abbigliamento.

 

Vogliamo parlare di quanto la lingerie e gli abiti permettano di nascondere qualche rotolino qua e là e soprattutto di valorizzare le nostre amatissime curve? Curve. Quanto ci piace e quanto piace agli altri il nostro décolleté? Di solito, è una delle parti più apprezzate del corpo di una donna, una di quelle che per prima attira l’attenzione dello sguardo maschile e anche l’invidia di qualche signora un po’ inacidita dalla menopausa. E allora evviva il tripudio di reggiseni a balconcino, push-up, col ferretto, con le coppe imbottite e così via.

 

Ma una domanda ben più importante sorge. Quanto teniamo alla salute del nostro seno? Ci hanno mai insegnato a praticare l’autopalpazione? Ci sottoponiamo con regolarità ad indagini strumentali (ecografia e mammografia)? Sappiamo che tuttora il cancro della mammella è il tipo di tumore più frequente nella donna? Conosciamo i fattori di rischio, sappiamo che esiste familiarità? Oltre all’importanza di tutte queste domande (e delle risposte che abbiamo il dovere di darci), c’è un’affermazione chiave quando si parla di tumore al seno. Una diagnosi in fase precoce, attuabile solo grazie alla prevenzione, consente di ridurre drasticamente la mortalità, con possibilità di guarigione elevatissime.

 

Ecco che il ruolo delle campagne di sensibilizzazione e prevenzione diventa fondamentale. Nastro Rosa è la più importante campagna di prevenzione esistente in Italia per il cancro al seno e opera in collaborazione con LILT (Lega italiana per la Lotta contro i Tumori) e la Breast Cancer Awareness Campaign (della Estèe Lauder Companies). Abbiamo deciso di parlarvene ora perché Ottobre è il mese della prevenzione, mese durante il quale la campagna, giunta quest’anno alla XXII^ edizione, è attiva, con possibilità di effettuare visite gratuite presso gli ambulatori LILT presenti nelle varie città italiane, ma anche affinché le giovanissime entrino in contatto con questa realtà.

 

Madrina italiana della campagna è la bellissima attrice Nicoletta Romanoff; non è un caso che sia stata scelta una donna trentacinquenne: il cancro non risparmia le donne giovani, anzi, ma abbiamo a nostra disposizione tanti strumenti per combattere questo temutissimo nemico. Uno su tutti la solidarietà. Si sa che quando le donne sono unite per un obiettivo comune sono in grado di realizzare grandi progetti e sicuramente sensibilizzare sorelle, cugine, amiche, colleghe o semplicemente conoscenti riguardo la prevenzione lo è. Così come raccogliere fondi per il Nastro Rosa e partecipare alle varie iniziative proposte. Quest’anno varie location tra le più fantastiche del mondo sono state illuminate per una sera di rosa: l’Empire State Building, la Torre di Tokyo, il Nelson Mandela Bridge, il Quadrilatero della Moda a Milano e il Colosseo ovviamente a Roma che, continua a colorarsi per le donne ogni sera dei fine settimana di ottobre.

 

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Manteniamo allora il nostro seno giovane con creme e cremine (solo su consiglio di esperti!), sbizzarriamoci a scegliere il reggiseno che ci piace di più ma ricordiamo sempre che la salute è il nostro primo obiettivo e che sta a ciascuna di noi prendersene cura.

12 anni e mi sposo!

Ottobre 16

Sapete di cosa parlo. Almeno una volta nella vita, abbiamo letto un articolo, ascoltato qualche notiziario e persino in questa rubrica ne abbiamo più volte parlato. Eppure la cosa non ci affligge, imbronciamo il viso, addirittura gli occhi possono farsi lucidi per un momento, ma poi laviamo via col sapone della quotidianità lo sporco del mondo.

 

Forse è giusto che sia così, forse sono talmente tante le bruttezze che affliggono il mondo (e quello femminile ha la meglio in questo!) che non possiamo farci carico di tutte le esperienze brutte, almeno non di quelle così lontane. Così siamo abituati a vederle, bellissime e innocenti con la pelle ambrata e gli occhi grandi dalla paura, quasi ridicole con quei veli e abiti nuziali: 12enni fidanzate con uomini che potrebbero essere i loro papà, i loro nonni.

 

Ma le distanze geografiche e gli stili di vita ci graziano e ci lasciano vivere le nostre vite lontano da queste angosce " non è colpa mia se il mondo va a rotoli! " Tutto vero. Ma qualcosa è necessario che resti, qualcosa deve rimanere impressa nella società della bambagia. Così, in occasione dello scorso 11 ottobre, giornata internazionale delle bambine e delle ragazze, la Norvegia lancia una campagna di sensibilizzazione in cui la sposina in questione non è una vietnamita, un'africana o un'indiana, ma una biondissima bambina nordica.

 

Il senso? Quello di shoccare, di smuovere le coscienze, di farci riflettere sul fatto che una bimba così potrebbe essere nostra figlia o la sorellina. Spesso si pensa che nei Paesi al di fuori di questo benedetto Occidente ( dove non mancano i mali di una società corrotta e malsana), in quei Paesi scordati da Dio e dagli uomini, il male minore sia quello di dare una ragazzina nelle mani di un uomo che, se non altro, le dia certezze e protezione. Ma non è così. Le bambine perdono i diritti di una vita alla pari. Di una vita normale, di una vita alla ricerca del proprio talento, delle proprie ambizioni e nessuna, ma proprio nessuna di noi scambierebbe la propria vita con la semplice sopravvivenza!

 

Qui il sito:/diario della campagna norvegese: http://stoppbryllupet.blogg.nohttp://stoppbryllupet.blogg.no 

L’hai desiderato, l’hai avuto, l’hai amato. Ti ha lasciata. Ti sei sentita disperata, illusa, abbandonata. Non si contano le lacrime versate e i relativi pacchetti di Clinex consumati, le serate chiusa in camera a ricordare, le telefonate alle amiche (che non ne possono più di sentir parlare ancora di lui!) in cerca di conforto, gli abbracci al cuscino o al gatto, immaginando fosse lui, i barattoli di Nutella su cui ti sei avventata, le canzoni e i film d’amore più deprimenti della storia con cui ti sei narcotizzata. Sì, sei passata per l’inferno. E le fiamme sono state tanto più dolorose quanto più grande era l’amore che portavi nel cuore. Ma c’è una fine per tutto, prima o poi. Anche per il mal d’amore. Quando? Impossibile stimare un tempo, ciascuno ha il proprio! Non badare a chi ti dice che sei “fuori tempo massimo”. Ti rialzerai, ricomincerai a credere nella possibilità di avere un’altra storia. Di innamorarti ancora. Questi sono i segnali che ti diranno che sei sulla buona strada….

 

  1. 1. Finalmente sei libera dall’angosciante paura di essere affetta da un disturbo ossessivo compulsivo. Sì, perché non hai più l’esigenza maniacale di collezionare “notizie” che lo riguardino. Non chiedi più in giro agli amici comuni cosa lui stia facendo o se si sia fidanzato, non guardi più il suo profilo Facebook, non ti interessa sapere quando si è connesso l’ultima volta su Whatsapp. Complimenti, questo è uno dei segnali più importanti!
  2. 2. Ricominci a guardarti in giro. Gli individui di sesso maschile non ti appaiono più come dei cactus o, peggio, degli esseri inanimati! Certo, i primi tempi ti sembreranno tutti non alla sua altezza (anche se era un nano!) ma pian piano, tra centinaia di maschietti insulsi, spiccherà quello che troverai interessante. Non importa che tu lo conquisti o meno, l’importante è che hai ripreso ad essere interessata all’universo maschile.
  3. 3. Ti svegli una mattina con una bella sensazione di benessere. Hai sognato di stare con un uomo che non fosse lui. Che esista o meno, che sia il tuo attore o contante preferito, non fa differenza. Il tuo inconscio non sta più associando il tuo bisogno di affettività all’uomo che non ti ha voluta. Questa è davvero una grande conquista!
  4. 4. Ti accorgi che anche le pietre esultano al tuo passaggio. Hai un’aria diversa, il tuo corpo, in qualche modo misterioso, sta vivendo una nuova primavera e gli altri intorno a te lo avvertono. Hai dismesso il cartello con su scritto: CHIUSO PER LUTTO. Trasmetti un’energia vitale che non pensavi più di avere. Il baco da seta sta facendo spazio ad una meravigliosa farfalla pronta a spiccare il volo.
  5. 5. Accetti l’invito di un uomo ad uscire insieme. Una pizza, una birra, un film al cinema, un semplice caffè. È arrivato il fatidico momento in cui sei pronta a confrontarti con ALTRO, sei pronta a metterti in gioco, anche solo per dire a te stessa: “No, non fa per me”. Sei consapevole che solo sperimentando puoi capire davvero cosa e chi cerchi. Trovarlo non ti sembrerà più un’operazione impossibile ma solo una questione di tempo e di una scelta giusta! Auguri, sei pronta ad amare di nuovo. E quando accadrà, tutto il dolore sarà ormai un ricordo.

Un papà per ogni principessa

Settembre 26

Ogni bimba che si rispetti, o almeno quelle della nostra generazione, è cresciuta nel mito delle protagoniste dei film Disney, tra sortilegi, castelli incantati, ricerca dell’amore, ostacoli da superare sino al lieto fine. Belle, dolci, simpatiche, combattive, ironiche, coraggiose. A ciascuna la sua qualità, esattamente come vale per ciascuna di noi. Molte di loro, da Cenerentola a Biancaneve, da Ariel (La Sirenetta) a Jasmine (Aladin), passando per Belle(La Bella e La Bestia) e Pocahontas, sono cresciute senza la mamma, tutt’al più con matrigne acide, malvagie ed invidiose, avendo come figura di riferimento, di solito, quella di un padre, coraggioso, spesso severo, ma protettivo ed amorevole.

 

Questa osservazione sicuramente non è sfuggita agli amanti dei cartoon Disney ma la motivazione di questa particolare caratteristica non è mai stata conosciuta. In questi giorni è circolata sul web quella che viene definita la motivazione ufficiosa, da ricercare direttamente nella vita di Walt Elias Disney. Era già noto che il creatore statunitense della fabbrica dei sogni avesse perso la mamma in circostanze drammatiche (esalazioni di gas) rispetto alle quali il piccolo Walt ha sempre nutrito un profondo senso di colpa. Il vissuto personale del disegnatore più famoso del mondo sembra trasferirsi quindi direttamente nelle sue creature, che vivono in un contesto dove, non solo la figura materna è assente, ma addirittura sembra che non sia mai esistita, come a celare le cause della sua morte.

 

Andiamo oltre. Come dicevamo, ogni favola si conclude con il lieto fine, che nei cartoon Disney, è sempre, al di là della singola vicenda, coronato dal sogno d’amore della principessa. C’è per caso qualcuna di loro che sposa uno psicopatico, un anaffettivo, un egoista, un violento? Sì, è vero, si tratta di fiabe e tutto deve essere perfetto, a differenza della nostra, ahimè, triste realtà. Eppure credo che volontariamente o no, Walt Disney, attraverso le sue storie, ci insegni una grande realtà. Una bambina e poi una giovane donna che cresce con un padre amorevole ha una grande fortuna. Trovarsi sulla buona strada per incontrare e scegliere, sebbene sembri sempre essere un caso, il compagno ideale, quello che possa renderla felice.

 

Vi state chiedendo perché? Perché una tale donna ha una innata e inconscia capacità di ricercare nel proprio partner le stesse caratteristiche del padre, riproducendone la relazione affettiva. Ad ognuna di voi auguro di trovare il proprio Principe Azzurro. Se continuerete a pensare di trovarvi sempre davanti l’uomo sbagliato, vi consiglio di iniziare a capirne il perché.

 

Buona ricerca a tutte e…..se lo avete già trovato, ringraziate con un abbraccio affettuoso il vostro papà!

"Ogni donna può figurare al meglio se sta bene dentro la propria pelle. Non c'entrano i vestiti e il trucco, ma come si brilla."

 

E fidatevi se a dirlo è una come Sophia. Bella quanto consapevole della sua bellezza, più di una volta, il nostro orgoglio tutto napoletano, sottolinea l'importanza di sentirsi bene con se stesse.

 

Eccentrica nella sua semplicità, con quella cadenza volutamente pronunciata e quelle mani grandi sempre pronte a sfarfallare, Sophia Loren è diventata icona di stile e genuinità allo stesso tempo: la ragazza dal talento innato che ha guadagnato il consenso di un pubblico con lei mai severo. Amata, odiata, stimata o contrariata, tutti conosciamo questa giunonica signora e in qualche modo tutti siamo rimasti abbagliati da lei: che sia stata la spontaneità, la gestualità, la sensualità, la furbizia, o la professionalità, tutti abbiamo nel cuore un pezzetto della Loren.

 

Dal divertentissimo e mai banale "Pane amore e..." a "La ciociara" che le fa meritare l'Oscar, la Palma d'oro, il BAFTA, il David di Donatello e in Nastro d'argento, Sophia non ne sbaglia una e con le mosse giuste riesce a ottenere, senza mai deludere, ruoli che le danno un posto tra le stelle del grande cinema. Il matrimonio con il produttore Carlo Ponti, la collaborazione con i grandi della storia del cinema da Sordi a Totò passando per Cary Grant e Richard Burton, sino al sodalizio con Mastroianni, fanno di Sophia una diva immortale che con la sua versatilità e intelligenza ha dimostrato di valere tutto il successo che il pubblico le ha riconosciuto. Lo spogliarello per Mastroianni in "Ieri, oggi e domani" paralizza anche noi ragazze, il mambo con De Sica, fa sorridere e affascina anche il più frigido degli spettatori. E chi di noi non ricorda la Loren che grida "Roberto" consegnando a Benigni l'Oscar con l'amore e la spontaneità non solo di una connazionale, ma di un familiare.

 

Collezionista d'arte, cognata di Romano Mussolini, modesta 15enne di Puteolana, modella per Pirelli, attrice da Oscar: i mille volti della Loren la rendono non soltanto bella, ma immortale nella sua bellezza.

 

Facciamo tanti auguri alla nostra Sophia che la settimana scorsa ha compiuto 80 anni!

 

"I'm not Italian, I'm Neapolitan! It's another thing! - Sophia Loren a Barbara Walters 

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Pronte per un autunno esplosivo?

Settembre 11

Mentre sulle passerelle più importanti del mondo si stanno svolgendo lefashion weeksdi presentazione delle collezioni primavera/estate 2015, noi comuni mortali siamo alle prese con uno dei momenti topici dell’anno. Sì, allo scadere della bella stagione, è arrivato il momento di aprire coraggiosamente il nostro guardaroba e fare un inventario per affrontare al meglio l’autunno ormai alle porte.

 

Quali ingredienti migliori se non colore, natura e fantasia per resistere a lunghe giornate fredde, buie e piovose? La stagione autunno-inverno si propone di essere estremamente ricca, esplosiva direi. Ad ognuna il suo stile, ce n’è davvero per tutti i gusti. Potrete scegliere tra un look bon ton, garçonne, punk, animalier, easy chic, urban. E persino le amanti della montagna e delle piste da sci vivranno il loro momento di gloria.

 

Vi anticipo, infatti, che anche in città saranno “ammessi” i maglionijacquard! Quest’anno sembrano essere vietati solo i toni scuri, fatta eccezione per il total black, sempre sinonimo di eleganza, che però si arricchisce di luminose paillettes e intarsi, che gli conferiscono un aspetto un po’ rétro. Si conferma intramontabile ilblack & white, anche nella versione a scacchiera, ma soprattutto spazio al colore! Si va dal rosa, sia nella versione “confetto” che in una nuance “pop”, al viola, dal rosso all’arancio, dal turchese al giallo lime. Solo monocromie? Assolutamente no, sarebbero troppo scontate! La moda di quest’anno è ricca di fantasia, di disegni geometrici, di stampe, tra le più originali quelle ispirate a grandi artisti come Matisse e Klimt e  soprattutto di motivi ispirati alla natura e al mondo animale.

 

Vestirsi, per chi ha voglia di divertirsi e perché no, osare, sarà come sfogliare un libro di fiabe. Mantelle in stile “Cappuccetto Rosso” e accessori ispirati al “lupo cattivo”, piume che arricchiscono abiti, giacche e cappotti, clutch con gufi e civette, adatte sia per il giorno che per la sera, borse zebrate e maculate per le amanti dello stile animalier. Margherite, orchidee e rose accenderanno di colore abiti, gonne, cappotti, scarpe, borse. Come fosse già primavera!

 

Due grandi ritorni quest’anno. Il primo è la camiciatartanche, come la più sobria “cugina” bianca, potrà essere abbinata a qualsiasi capo. Il secondo non è un singolo capo, bensì uno stile unico e precisamente ilfolk, che viene reinventato ed attualizzato: tra i protagonisti, i camperos, le borse rigorosamente a frange e le stampe jacquard. Si propongono come must have della prossima stagione la gonna rigorosamente lunga e plissettata, l’abitino stampato, il kiodo, per le amanti di un look grintoso e i cappotti, nelle varianti, maschile, egg-shaped e bon ton, quest’ultima ispirata ai modelli indossati dalle dive degli anni ’50, dalle tinte rigorosamente pastello. Non preoccupatevi, non vi lascio senza almeno qualche anticipazione sulle tendenze per la sera! Per le serate più glamour preparatevi a ricreare il look disco degli anni ’80.

 

La sfida, per le vere fashion-addicted, è diventare più che luminose, scintillanti, grazie a lamè, paillettes e  cristalli, ma anche al make-up glitterato e agli adorabili nuovi charms Pandora, ispirati a natura, spazio e galassie. 

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