Si è da poco conclusa la prima stagione della serie TV “The Last of Us” targata HBO, ideata da Craig Mazin e Neil Druckmann, ispirata all’omonimo videogioco uscito nel 2013 e sviluppato dallo studio statunitense Naughty Dog. Il videogioco già ai suoi tempi fu rivoluzionario, grazie alla sua capacità di alternare e sovrapporre elementi di gameplay ad una trama ben strutturata, seguendo la formula di Druckmann “storie semplici con personaggi complessi”, introducendo qualcosa di mai fatto prima, il tutto condito da un’incredibile grafica fotorealistica. La serie ha costituito, quindi, una grande occasione per rivivere (o vivere per la prima volta) una delle storie che ha segnato il panorama videoludico degli ultimi decenni, permettendo, per dirla alla McLuhan, una rimediazione di una rimediazione dove quel ciclo vizioso di adattamenti cinematografici scadenti sembra finalmente interrompersi.
La serie è molto fedele al videogioco, anche se sono state fatte dai produttori scelte contenutistiche più adatte alla visione. Sono stati approfonditi ulteriormente i suoi personaggi e in alcuni casi anche rimodulati, con un Joel molto più umano ed una Ellie molto più protagonista, alla quale è stato concesso di introdurci ad elementi chiave del suo passato, mancanti nel videogioco. È quindi interessante notare come queste aggiunte abbiano ampliato la trama e siano state necessarie per un buon adattamento televisivo, quasi cinematografico, dove fondamentale era ripensare le scene di puro gameplay presenti nel videogioco. Il segreto del grande successo, di serie e videogioco, è da rintracciarsi nella trama, dominata da due temi fondamentali: l’amore e il perdono, che continuano a scandire il tempo e lo spazio di ogni episodio. Il fulcro e motore di tutte le vicende è l’amore e la storia è incentrata sulla bellezza e pericolosità di questo sentimento, che tira le fila di ogni evento in cui tutti i personaggi sono spinti ad agire per amore di qualcosa, come un ideale, o per qualcuno. Emblematico è il rapporto che si instaura lentamente tra Joel ed Ellie: Joel dopo l’evento traumatico della perdita della figlia Sarah, agisce semplicemente per sopravvivere, non ha alcun tipo di scrupolo e non ha veri e propri rapporti umani. Dal momento in cui incontra Ellie, la sua vita cambia completamente. Prevedibilmente proietta Sarah su Ellie e cerca di colmare la mancanza ed il vuoto che si porta dentro tentando di proteggere Ellie e di non deluderla, come ha deluso la figlia non riuscendo a salvarla. Ellie riesce a scalfire il muro che Joel aveva eretto negli anni, allontanando qualsiasi tipo di sentimento, in primis l’amore e l’affetto visti come sintomo di debolezza e di paura, perché quando si ama qualcuno si inizia ad avere veramente paura di poter perdere quella persona. Altro aspetto interessante è come non esista una netta distinzione tra bene o male, e rintracciare i valori attraverso cui definire ciò che è giusto o sbagliato diviene sempre più complesso. Se al videogiocatore era chiesto di interagire con un mondo lacerato e di comprenderlo non solo attraverso i canali principali (dialoghi obbligatori) ma specialmente quelli secondari (le lettere collezionabili, il diario di Ellie e i dialoghi opzionali), allo spettatore, che indubbiamente si trova a parteggiare per i protagonisti, è chiesto comunque di osservare senza giudicare, perché dietro ogni scelta vi è una lotta per la sopravvivenza. Ed è proprio in questa lotta che si costituisce il conflitto con l’altro, dove l’altro sono gli infetti ma anche altri esseri umani, persone con una propria vita ed una propria storia.
“The Last of Us” è una costante odissea tra la voglia di amare e la paura di pagare quell’amore a caro prezzo, tra l’incapacità di perdonare alcune gesta e la necessità di leggerle rispetto agli eventi circostanti, con un finale agrodolce (proprio come lo ricordavamo) che ha aperto le danze alle speculazioni più disparate: dal chi sarà il volto dei prossimi protagonisti, come Abby, a come verranno riadattate molte delle scene più iconiche del secondo capitolo. Ma non è tutto per quest'anno, perchè vi è anche l’uscita del tanto atteso adattamento per PC di “The Last of Us Part I: Remake”. In conclusione, quella di The Last of Us si costituisce come esperienza unica, e non possiamo fare altro che invitare i giocatori di tutto il mondo a diventare spettatori e viceversa. Non solo per godersi questa storia da più punti di vista, ma per negoziare ancora e ancora il senso di ciò che ci è accaduto negli ultimi tre anni, durante e dopo la pandemia da COVID-19 e per lasciarci sorprendere ancora una volta dal potere predittivo delle narrazioni, quando per caso leggeremo ancora una notizia sulla candida Auris.
Sara Cerullo & Silvio Ripetta