In Ungheria l’aborto è ufficialmente legale ma in realtà è ostacolato in ogni modo. Secondo un recente decreto emesso dal governo ungherese, infatti, a partire dal 15 settembre i medici e il personale sanitario che si occupano delle interruzioni di gravidanza dovranno far sentire alle pazienti, che hanno intenzione di abortire, il battito del cuore del feto. Nel decreto firmato dal ministro dell’Interno Sandor Pinter c’è scritto anche che i medici dovranno presentare un documento che attesti l’avvenuto ascolto del battito del cuore del feto, senza il quale la paziente non potrà accedere all’interruzione di gravidanza.
In Ungheria l’aborto è legale dal 1953 e le leggi sull’interruzione volontaria di gravidanza non sono state modificate dal 1992. Anche secondo l’attuale legislazione le interruzioni possono essere effettuate nelle prime 12 settimane di gravidanza solo per motivi medici e sociali. Se invece il feto non mostra segni di vita, l’aborto può essere eseguito in qualsiasi periodo della gravidanza. In particolare, in Ungheria l’interruzione della gravidanza è prevista in quattro casi: gravidanza in conseguenza di un reato di violenza sessuale, pericolo per la salute della donna, embrione con un handicap fisico grave, situazione sociale insostenibile della donna. Con l’ultimo decreto ungherese, però, l’aborto risulta quasi vietato silenziosamente. La decisione presa da Orban è infatti una tortura psicologica con la finalità di indurre la donna a ricredersi.
Il governo populista di destra dell’Ungheria ha sempre sostenuto i valori familiari tradizionali ed è convinto che l’introduzione di questa nuova legge serva soprattutto per combattere il calo del tasso di natalità che nell’ultimo periodo ha tanto preoccupato il Paese. Secondo la destra, questo provvedimento servirà a far comprendere realmente l’impatto della propria scelta, considerando che invece molte persone considerano un feto solo un grumo di cellule. Molti medici, in realtà, considerano il termine battito cardiaco fetale come fuorviante e clinicamente impreciso quando ci si riferisce alle prime settimane di gravidanza.
Aron Demeter, il portavoce di Amnesty International, si dichiara molto preoccupato. Questa decisione renderà più difficile l’accesso all’aborto e traumatizzerà tutte le donne che già si ritrovano in una situazione difficile. Ogni donna che abortisce lo fa per un motivo in particolare e provando grande sofferenza dunque, questa azione non farà cambiare idea ma sarà solo una tortura psicologica ulteriore. Purtroppo, in realtà, qualcosa di simile sembra accadere sempre più spesso che anche in Italia. Sembra che infatti, di recente, in Umbria sia stato chiesto alle pazienti in attesa di un’interruzione volontaria di gravidanza di aspettare finché non si sarebbe sentito con chiarezza il cuore del feto che batte. Una procedura psicologicamente devastante e scientificamente non necessaria. Sentire il battito di un feto non dissuaderà alcuna donna dalla propria scelta ma creerà in loro solo una grande lacerazione interiore. Una vera violenza psicologica. Ogni donna dovrebbe essere libera di far valere il proprio diritto di decidere liberamente, soprattutto in una situazione tanto delicata e personale come questa.
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