L'università nasce come luogo di apprendimento, di collaborazione e di crescita; eppure oggi risulta una realtà completamente diversa. Per qualcuno può rappresentare una grande opportunità per conoscersi e migliorarsi ma per altri si può trasformare in una prigione dalla quale non si trova via di fuga. Vergogna, competizione, paura di deludere genitori e amici, sono causa di gesti estremi compiuti da tanti studenti universitari negli ultimi anni.
Uno di loro è Antonio Cerreto, il venticinquenne napoletano che purtroppo ha deciso di togliersi la vita lunedì 19 luglio presso Porta di massa, la sede della facoltà di Lettere Moderne della Federico II. Il giovane aveva mentito ai genitori e agli amici comunicandogli che in quel giorno avrebbe discusso la tesi di laurea; indagini successive hanno rivelato che in realtà il ragazzo aveva sostenuto solo pochi esami.
Il giovane di torre del greco, verso le 11 di lunedì mattina, si è gettato da un finestrone dell’università nei pressi delle aule studio autogestite. Sebbene la guardia giurata lì presente abbia immediatamente chiamato un’ambulanza e i carabinieri, non c’è stato nulla da fare, Antonio è deceduto sul colpo. Le cause che hanno portato il ragazzo a mentire e a compiere il gesto estremo potrebbero essere molteplici ma è evidente che, almeno in parte, siano legate a problemi universitari. Questo gesto fatale raffigura un giovane che non è riuscito ad aprirsi e a rivelare le sue incertezze e le sue paure perché oppresso da una società e da un ambiente di studio che non gli hanno garantito serenità.
Una cattiva organizzazione e un comportamento inadeguato da parte del personale universitario, dei compagni o dei genitori, può far sì che tanti giovani si sentano sopraffatti, spaesati e in costante competizione di fronte ad un nuovo percorso di studi. Non sempre un ventenne è pienamente convinto delle proprie scelte; i dubbi sono tanti e il mondo universitario è la prima finestra che ci mostra il panorama lavorativo al quale potremmo approcciarci. Proprio per questo è semplice compiere errori di valutazione o trovare difficoltà nel percorso. Ovviamente non tutti riescono ad affrontare i problemi nello stesso modo, dunque, è necessario prestare aiuto agli studenti perché si possano sentire nel posto giusto e talvolta ammettere di aver compiuto delle scelte sbagliate.
In tante università potrebbe essere necessaria una maggior organizzazione interna per favorire sostegno agli studenti, proponendo maggiori confronti o sportelli d’ascolto specializzati per chi non riesce a confidarsi con persone vicine. In particolare, un grande aiuto deve venire dai compagni; tutti dovrebbero saper raccontare anche i fallimenti universitari e le ansie, senza esaltare solo i successi e i tempi veloci di studio e soprattutto senza sminuire gli altri. Anche i genitori, inoltre, devono saper sostenere i figli in ogni circostanza, evitando di creare pressione psicologica. Tutti dovrebbero interagire e intervenire se uno studente è in difficoltà, senza giudicare il suo percorso personale e senza etichettarlo sulla base dei numeri che gli sono stati assegnati. Dobbiamo evitare che si arrivi ancora a gesti estremi e favorire un clima di confidenza senza futili competizioni, per vivere invece l’università come un luogo in cui sentirsi liberi di esprimere sé stessi, le proprie attitudini ma anche le debolezze e fragilità. Bisogna eliminare il peso dato dalle aspettative che il sistema universitario impone.
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