PASOLINI, 45 ANNI DOPO IL SUO ASSASSINIO: LA FORZA VITALE DI UNA VOCE DIVERSA DA TUTTE LE ALTRE.

Lunedì, 02 Novembre 2020 08:11
  

Era il 2 Novembre 1975. Piazza dei Cinquecento, di fronte la Stazione Termini di Roma, era  luogo privilegiato dai ragazzi per vendere il proprio corpo ad altri uomini. Bastava qualche sguardo, qualche parola per dare vita ad un’intesa necessaria per entrambi, all'insegna della lussuria e del denaro. Quella sera, l’ultima sera prima di morire, Pasolini con la sua Alfa GT 2000 si ferma di fronte al Bar Gambrinus. A bordo della sua macchina sale Pino Pelosi, 17 anni ed insieme decidono di allontanarsi andando in un posto già conosciuto da PPP: l’Idroscalo di Ostia.  Ed in quel posto che terminano le certezze, tutto ciò che resta è l’atto finale dell’eliminazione fisica di quello che fu e resta oggi uno dei più grandi intellettuali del ‘900: Pier Paolo Pasolini.

Plurime sono le avversità riguardo le indagini sul suo assassinio, ma non solo. All’indomani dell’omicidio, esso venne ridotto ad un fatto di cronaca: una vera e propria banalizzazione, come accadde per tutta la sua vita.

Ebbene, la sua omosessualità pubblica, la sua devozione verso il sottoproletario, la sua polemica continua contro il consumismo e l’indifferenza, contro l’alta borghesia furono i presupposti per una continua violenza fisica e morale. Aggressioni, agguati ed improbabili querele, per il suo fare polemico e sfacciato.  Negli anni di piombo, mentre il conflitto mondiale si allontanava, “morire ammazzati” tornava ad essere tremendamente semplice. Ed è in questo contesto storico sociale in cui Pasolini irrompe con i suoi film, definiti osceni dalla società bigotta dell’epoca.

Il suo primo romanzo, “Ragazzi di vita” (1955), è il prodotto di tutto questo. L’opera racconta la vita di alcuni giovani alle prese con la sopravvivenza, in lingua romanesca di borgata. Per la prima volta i ragazzi di borgata verranno raccontati da un’opera letteraria. Il racconto senza filtri della realtà, brutale com’era, venne accusato di avere un contenuto pornografico. Ed è qui che Pasolini inizia a capire di indossare la veste dell’intellettuale fuori dagli schemi, lontano dalle classi alte e consapevole di non poter mai vedere soddisfatto il suo bisogno di giustizia ed accettazione.

Ed è qui, infatti, che capirà che il suo essere autentico sarà la sua condanna.

L’esordio cinematografico “Accattone”, nel 1961, è e resta una delle sue opere più significative. Il destino, però, è quello della censura e dei sequestri, come per tutti i suoi altri lavori. Il messaggio c’è, ma non si vuole vedere, preferendo occultarlo dietro il buoncostume e le finte apparenze: il sesso come nostalgia di un’epoca perduta, il corpo come “sola realtà preservata”, in un mondo dove ogni cosa è merce. Cosicché, tra il 1971 e 1974 il regista si dedica alla “Trilogia della vita”: Il Decameron, I racconti di Canterbury e il fiore di una Mille e una notte, incentrati su un passato caratterizzato da una sessualità libera. 

Accanto a questi lavora a quel romanzo che sarà il suo testamento: Petrolio. Un testo mastodontico che avrebbe dovuto contenere almeno duemila pagine, contro le seicento effettivamente scritte. Il testo, pubblicato postumo, racconta i primi indizi sulla morte del presidente dell’ENI, Enrico Mattei, rimasto vittima di un misterioso incidente aereo nel 1962.

Una inchiesta che stava diventando ennesimo elemento di rischio personale.

Quando viene ucciso, Pasolini, è ormai una voce incontrollabile e, invece di interrompersi, il processo alla sua persona non è destinato a fermarsi. Seppure Pino Pelosi, esecutore materiale del brutale assassinio, sia stato condannato, la sua testimonianza è stata considerata dai più controversa e distorta. Nel 2014 arrivano i risultati delle analisi scientifiche: sui reperti sono presenti materiali biologici appartenenti a terze persone, ma le tracce non sono databili ed oggi, 45 anni dopo, i nomi ignoti sono ancora avvolti dal mistero. Il perché, invece, è stato interpretato screditandolo, secondo le logiche della politica che già in vita lo condannavano. Una vita tormentata, un’intelligenza suprema, all’insegna di una passione viscerale per il mondo, che ancora oggi non conosce verità.

Oggi, in quel Paese che non è cambiato per niente, il suo tormento risuona a gran voce.

Oggi le sue parole, il suo menefreghismo rispetto a ciò che l’opinione pubblica ritiene giusto, rispetto alle classi sociali, al consumismo, rispecchia esattamente la realtà odierna. Il consumismo è prassi consolidata e le persone non sono più arrabbiate, ma si sono adeguate, si sono appiattite.

Oggi nessuno più grida, nessuno più ha il coraggio di schierarsi contro la verità addomesticata che passa in Tv.

Oggi l’opera di Pasolini ci pone ancora domande alle quali, soli e disarmati, non riusciamo a dare risposta.

 

Per chi vuole celebrare e ricordare Pasolini, attraverso la distribuzione online www.iorestoinsala.itwww.iorestoinsala.it si può acquistare il biglietto per la proiezione in streaming del documentario “In un futuro aprile” di Francesco Costabile e Federico Savonitto, che verrà proiettato oggi lunedì 2 Novembre alle ore 20.30. Il film racconta Pasolini e la sua giovinezza friulana. Assieme a Costabile e Savonitto, la ripercorre il cugino del poeta, Nico Naldini.

Per approfondire  e studiare la sua opera si consigliano l'edizione aggiornata di "Pasolini Requiem", autore Barth David Schwartz, uno dei testi più documentati sull'argomento, il volume "Pasolini, una vita violenta" di Franco Grattarola (Roma,2005) nonchè il saggio di Stefano Rodotà "Il Processo". Ricca di dettagli è, altresì, l'inchiesta di Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani "Accadde all'Idroscalo"(Roma 2016).

 

 

Link foto copertina: https://www.atnews.it/2020/11/il-cnddu-ricorda-pier-paolo-pasolini-nel-45-anniversario-della-sua-morte-126435/

Ultima modifica il Lunedì, 02 Novembre 2020 08:34
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Giulia Compagnone

Nata a Napoli,frequenta la facoltà di giurisprudenza. Da sempre innamorata della sua meravigliosa città, nonostante i suoi difetti e le sue contraddizioni. Ogni giorno cerca di impegnarsi , di lottare per lei, attraverso azioni pratiche e attraverso la sua scrittura. Non finisce mai di stupirsi di quanto possa dare questa città, malgrado sia un vero e proprio paradiso abitato da diavoli.Ama la cultura e tutto ciò che è legato ad essa ,ha uno spiccato senso civico ed è appassionata di musica e di danza.

Le due sue citazioni preferite sono:" raccontare le cose come stanno vuol dire non subirle" di Roberto Saviano e " vi sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale,un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre" di Oriana Fallaci.

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