L'anniversario della strage di Capaci: l'arte come forma di lotte alle mafie

Sabato, 23 Maggio 2020 10:53
  

mafie

Sono le 17.58 del 23 Maggio 1992. A Palermo è già estate, il sole brucia forte.

Atterra a Punta Raisi il giudice Falcone, ad attenderlo vi sono Francesca Morvillo e la sua scorta.

Le Fiat Croma e la Thema blindate imboccano l’autostrada A2 verso Palermo.

Al volante di una delle due auto vi è Falcone, accanto a lui la moglie e dietro l’autista Giuseppe Costanza. Al giudice Falcone piace guidare, come gli piace la vita, tanto da aver lottato fino all’ultimo istante.

Un attimo dopo 500 kili di tritolo uccidono barbaramente Giovanni Falcone, la moglie e la sua scorta. Uccidono una città, il paese intero. Lo macchiano di sangue, di quel sangue di cui ancora oggi portiamo la traccia.

Minuti di silenzio, dove i detriti facevano da padroni sul manto stradale. Sirene, urla, fotografi, sangue, attese.

Attese da far cedere le gambe e da far smettere di respirare.

Fino alla fine, fino a quando la speranza non è stata soffocata dalla morte.

Oggi, 28 anni dopo l’attentato mafioso di Capaci la rabbia è sempre la stessa. Il dolore è sempre lì, sulla pelle della famiglia di Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Sulla pelle di tutti coloro che credono nella giustizia e, ancora oggi, aspettano una risposta che profumi di verità e legalità. Oggi alle 17.58 l’Italia si fermerà, data l’impossibilità di manifestare, l’iniziativa social “Palermo Chiama Italia al Balcone” ha lanciato l’appello di affacciarsi ai balconi con un lenzuolo bianco ed osservare un minuto di silenzio.

Un silenzio che pretende giustizia, un silenzio non occasionale, ma che esige una risposta dallo Stato. Oggi, come ogni giorno.

I giovani in tutti questi anni hanno cercato di rispondere ai silenzi dello Stato, al predominio della criminalità, professando i valori del coraggio, dell’impegno, dell’abnegazione.

Ognuno a suo modo, studiando, creando, lottando, andando a fondo, non chiudendo gli occhi.

Fiorella Testa, studentessa di architettura prossima alla laurea ci ha mostrato come i modi per combattere la mafia siano molteplici, lei ha scelto di farlo tramite l’arte.

«In che modo il disegno grafico che hai creato pensi possa ricordare le vittime della strage di Capaci?»

«Il disegno ha un intento più generale, ovvero non solo ricordare la strage di Capaci, ma tutto ciò che è avvenuto nel corso degli anni proprio a causa di questa contrapposizione tra armi e mezzi di comunicazione. C’è la bomba utilizzata per uccidere, che è uno dei mezzi attraverso i quali comunicano le associazioni mafiose, e dei giornali arrotolati, che insieme ad altri mezzi di comunicazione, rappresentano, invece, quelle che sono le armi per combattere il fenomeno mafioso.

Dallo scontro tra la mafia e la conoscenza si forma una chiazza di sangue, che fa riferimento al sangue delle vittime. Ciò, dunque, mette in luce il vero strumento per contrastare le mafie: la conoscenza.»

«Pensi che l'arte possa essere uno strumento utile nella lotta alle mafie?»

«L’arte, come qualsiasi altra forma di comunicazione (il cinema, la fotografia, la scrittura), è un mezzo attraverso il quale diffondere conoscenza. Conoscere è fondamentale nella lotta contro questo fenomeno. Se conosco, ho dei riferimenti per poter agire. Se non conosco, non ho degli esempi da seguire e quindi posso essere sopraffatto. Insieme alla conoscenza, vi è il ricordo di ciò che è stato, che può generare in ognuno di noi un momento di riflessione. Conoscenza, ricordo e riflessione. Queste sono le tre parole chiave per capire il processo che avviene nel momento in cui si osserva un disegno o nel momento in cui si prova a farlo.»

«La tua generazione è consapevole di quanto sia importante mantenere vivo il ricordo delle vittime innocenti?»

«La mia generazione, rispetto a quelle precedenti, cerca di fuoriuscire da anni ed anni di omertà. Sicuramente ci sono stati numerosi cambiamenti, c’è più consapevolezza, più libertà di espressione, più sostegno sociale. Ma devo dire che, nonostante ciò, il pensiero critico e la conoscenza di determinati argomenti considerati ‘’scomodi’’ è ancora lasciata al singolo. Se uno vuole è messo nelle condizioni di poter conoscere, ma la volontà di farlo non è incentivata.»

«Quale potrebbe essere un monito da lanciare ai giovani in occasione dell'anniversario dell'uccisione di Falcone, di sua moglie e della sua scorta?»

«Informatevi su cosa è successo e su cosa succede. Parlatene, perché è dalla parola che parte tutto.»

Immagine creata da Fiorella Testa.

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Giulia Compagnone

Nata a Napoli,frequenta la facoltà di giurisprudenza. Da sempre innamorata della sua meravigliosa città, nonostante i suoi difetti e le sue contraddizioni. Ogni giorno cerca di impegnarsi , di lottare per lei, attraverso azioni pratiche e attraverso la sua scrittura. Non finisce mai di stupirsi di quanto possa dare questa città, malgrado sia un vero e proprio paradiso abitato da diavoli.Ama la cultura e tutto ciò che è legato ad essa ,ha uno spiccato senso civico ed è appassionata di musica e di danza.

Le due sue citazioni preferite sono:" raccontare le cose come stanno vuol dire non subirle" di Roberto Saviano e " vi sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale,un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre" di Oriana Fallaci.

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