Considerato per anni una forma narrativa inferiore, o non altezza del romanzo, il racconto è stato messo da parte, camuffato, trasformato in altro dagli editori. Quali sono le ragioni della ghettizzazione della forma breve? Dove affonda le sue radici lo scetticismo di lettori e editori dinanzi a un testo quantitativamente – e si badi, solo quantitativamente – inferiore al romanzo?
L’assunto da cui parte il saggio di Maurizio Vicedomini, Sul racconto (Les Flâneurs 2019), è la necessità di svelare le ragioni di questo isolamento, ma soprattutto di fornire una definizione esaustiva del concetto di forma breve.
Vicedomini risponde a questo bisogno smontando e ricostruendo la storia e l’accoglienza del racconto in maniera accurata e svelando un’invidiabile preparazione sull’argomento, oltre che una profonda e tangibile passione.
L’autore riflette sul panorama internazionale della forma breve e ne analizza tutte le declinazioni: da Calvino a Cortázar, da Hemingway a James, per finire con l'anilisi della prismatica complessità del racconto di David Foster Wallace, Piccoli animali senza espressione.
Dopo anni di isolamento, ora il racconto sta finalmente trovando un proprio spazio soprattutto grazie al lavoro di piccoli e medi editori che si sono assunti il rischio di investire e sperimentare. Ma i contorni in grado di definirne una forma sono ancora incerti.
“Cosa significa, allora, racconto? È un testo breve, certo. È qualcosa di piccolo, che oggi troviamo pubblicato online su blog e riviste, oppure in raccolte con altri testi simili. […] Siamo insomma davanti a un significato decisamente vago. Il racconto è un testo breve. Ed è tutto ciò che sappiamo. Ci basta?”
A noi no, ed è per questo che vi consigliamo caldamente il libro di Maurizio Vicedomini!
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