La seconda giornata del Napoli Film Festival, nella categoria SchermoNapoli Doc con sede al PAN, ha visto concorrere tre opere caratterizzate da forme ed espressioni molto distanti l’una dall’altra.
Ciccillo Sopravvisse, la cui regia è stata curata da Michele Salvezza, racconta con modalità particolarmente inusuali l’alluvione avvenuta nel Sannio lo scorso ottobre 2015. All'inizioviene mostrato un luogo di campagna del beneventano durante la fase post- alluvionale: due anziani coniugi narrano la loro perdita di quasi 300 animali, dei quali solo Ciccillo si è salvato. L’autore ha volontariamente deciso di non focalizzarsi sugli aspetti tragici dell’evento, dei quali si è più volte parlato, ma su aneddoti del tutto inaspettati, che riguardano l’ambiente e la natura. Prima fra tutti è la riscoperta dell’antico ponte dell’Isca, rinvenuto dopo l’alluvione. Solo nel finale, poi, il celeberrimo Ciccillo si palesa ai nostri occhi: un innocuo e vanitoso pavone, salvatosi volando su un albero di noci.
In My Little Napoli, Mariangela Ciccarello riporta in modo autobiografico la sua esperienza di trasferimento a Brooklyn dove, per un caso beffardo del destino, ha incontrato una famiglia campana che l'ha accolta in casa come fosse di famiglia. Nell'abitazione, arredata nello stile tradizionale di una Napoli degli anni ’60, con foto e santini sparsi tra gingilli e vecchi soprammobili, Mariangela trova una sorta di rifugio per l’anima. Frequentando la signora Rosa, la ragazza ritrova il senso di calore e ospitalità che le trasmetteva sua nonna, così come le vecchie tradizioni, l’amore per la cucina e per i nipoti. D’altra parte, però, la protagonista rivive il contrasto e il disagio di chi riconosce nel folklore napoletano alcuni ‘falsi valori’, come ad esempio l’archetipo, dettato principalmente dalla Chiesa e dalla figura della Madonna, della donna completamente asservita agli uomini di famiglia e immune da ogni tipo di peccato. Mariangela, che è anche voce narrante fuori campo, la sua figura non compare mai nel corto, rivive così quei ‘limiti’ che l’avevano portata a lasciare da parte il coraggio e fuggire via dalla sua amata città, che resterà solo un bellissimo e doloroso ricordo.
Flat Tyre – An American Music Dream è un viaggio di 42 giorni, dall’aeroporto di Capodichino a Nashville (passando per New York e il Tennessee) compiuto dal sestetto di musica bluegrass napoletano La Terza Classe, riassunto poi dal regista Ugo Di Fenza in 71 minuti che racchiudono i momenti chiave della loro esperienza on the road. È impossibile non lasciarsi travolgere dall’entusiasmo e dalla voglia di vivere e far musica di questi ragazzi, che si sono lanciati in un'avventura per conoscere a fondo le origini del genere musicale da loro prediletto e per vivere sulla loro pelle i luoghi e le atmosfere in cui la musica folk e country hanno preso piede fin dagli albori. Durante il loro percorso la band è entrata in contatto con molti artisti famosi, anche in modo del tutto casuale e non programmato; è nello stesso modo che incontrano anche Jim Lauderdale, celebre cantautore bluegrass statunitense: l’artista li incrocia su un’ autostrada dove i ragazzi restano bloccati per via di una ruota bucata del loro van noleggiato; tra Jim e la band è nata una collaborazione che dura ancora oggi.