Napoli Film Festival concorsi: SchermoNapoli Doc giorno 1, le recensioni

Martedì, 27 Settembre 2016 06:23
  

La sezione documentaristica dell’edizione 2016 del Napoli Film Festival (Schermo Napoli Doc Sezione I) è iniziata con tre opere molto diverse tra loro per struttura e contenuti, ma accomunate dalla grande professionalità della realizzazione. D’altronde, non poteva essere altrimenti, alla luce del curriculum degli artisti in gioco: dal giovane regista Giuseppe Alessio Nuzzo, habitué della rassegna napoletana e già passato quest’anno al Lido di Venezia per il progetto del suo primo film di finzione con cast importante, al filosofo-antropologo-“detective dell’arte” Bruno Fermariello, aiutato dal regista Angelo Paino (collaboratore da anni della Rai di Napoli), per finire con Federico Di Cicilia, irpino classe ’73 con importanti esperienze (assistente alla regia di Martone e Scola; già autore di film e documentari) nel proprio bagaglio artistico.

 

Ad aprire dunque le danze è stato Normale #Lafede, di Giuseppe Alessio Nuzzo, terzo di tre brevi documentari incentrati su storie tanto vere quanto incredibili. Qui si concentra sulla vita di Anna Bifulco, una quarantenne di Giugliano felicemente sposata, ma con un elemento molto differente rispetto alle coppie standard: ben nove figli. Un “peso” che per la donna è un dono meditato e voluto, nonostante le mille difficoltà, alleviate dal conforto della fede e del suo impegno nel sociale. Un documentario breve ma intenso, forte dell’accompagnamento musicale di Adriano Aponte, giovane musicista napoletano già affermato a livello internazionale. Consigliato a chi crede che ci sia una exit strategy per l’inverno demografico italiano. Inoltre, se la Lorenzin lo avesse visto, la sua campagna sul “fertility day” sarebbe stata meno sconclusionata, prendendo spunto dalla vita reale.

 

A seguire, Arte in campo, regia di Angelo Paino, testo e voce di Bruno Fermariello, cuore pulsante del progetto. Scenario è il campo rom di Secondigliano, ripreso secondo canoni molto differenti dalla solita narrazione di degrado e criminalità, che pure non vengono negate. Il focus del documentario è però il dipanarsi del progetto di un laboratorio femminile di pittura: Fermariello infatti, fin dalla sua esperienza con detenute rom a Nisida, ha scorto forme archetipiche nella loro espressione pittorica, memoria genetica delle loro remote origini. Andando nel campo, “sporcandosi le mani”, ha voluto trovare conferma della sua intuizione. Il suo lungo racconto fuori campo è spezzato dalla breve, eppur prorompente, perfomance canora di Cristina Donadio (la Scianel di “Gomorra-La Serie”) nella giorno della festa della donna di tre anni orsono nel campo nomadi. Consigliato a chi vuole conoscere una cultura altra celata a due passi da casa.

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Infine, Irpinia Mon Amour di Federico Di Cicilia. Il titolo è un colto omaggio a uno dei capolavori del cinema di ogni tempo, firmato da Alain Resnais agli albori della Novelle Vague. L’opera è un docu-film a episodi, in cui si intrecciano tre storie di giovani uomini meridionali costretti a fare i conti con il fardello storico, politico e sociale di una terra che una certa oleografia vorrebbe paradiso felice, e che Di Cicilia rappresenta invece come l’epitome della questione meridionale: politica predatoria, pochi sbocchi di lavoro, la fuga rappresentata indifferentemente da un tentativo di suicidio (che non sarebbe dispiaciuto al profeta del teatro dell’assurdo, Eugène Ionesco) o dall’arruolamento. Consigliato a chi sogna ancora che il cinema possa smuovere animi e coscienze.

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Alberto E. Maraolo

Laureato in "Medicina e Chirurgia" presso la "Federico II" nel 2010, attualmente lavora come medico specializzando in Malattie Infettive presso lo stesso Ateneo. 
Cinefilo onnivoro, sogna giornate di 48 ore per dedicare il tempo necessario ai tanti altri (troppi?) interessi: musica (rock e colonne sonore), sport nazional-popolari (calcio, ciclismo e motori) e non (basket USA), letteratura, storia, filosofia, fisica e logica for dummies.

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