La percezione di sé, del proprio io, in uno spazio vuoto da altre presenze è per i bambini uno dei momenti di creazione della consapevolezza. Perchè sia facile vedersi inseriti in un ambiente, in un gruppo, è necessario percepirsi come entità fisica con dei propri bisogni.
La necessità di isolamento fa parte della crescita, e così la personalizzazione di uno spazio "proprio", tanto che spesso questo diventa un' appendice in molti adulti.
A lavoro tutti siamo portati a personalizzare il nostro spazio, sebbene questo diventi più difficile per chi lavora in aziende dove la regola dell'abbattimento delle pareti di uffici, intese come barriere, pretende di creare un ambiente più produttivo ma decisamente asettico.
Sono i laboratori creativi che invece necessitano ASSOLUTAMENTE di diventare appendici dei loro occupanti (siano essi pittori, scrittori, musicisti o matematici) quasi che lo spazio raccolga insieme materiali e ispirazione, insomma tutto quello che non è possibile tenere in testa.
Ultimamente si trovano sul web molte "collezioni" di atelier e scrivanie famose, che rispondono probabilmente all'esigenza di vedere una porzione degli spazi "mentali" di artisti come Picasso, Chopin, Frida Kahlo, Coco Chanel e altri.
Quello che vi propongo invece è uno sguardo tra le scrivanie di alcuni disegnatori italiani, tra quelli che preferisco, che hanno fatto anche del web uno strumento di diffusione delle proprie opere. Si tratta di Claudia "Nuke" Razzoli, di Riccardo Torti, familiare a molti su Fb con lo pseudonimo di Torti Marci, Paolo Voto di Mostro e Pizzo, Simona Zulian in arte Felinia, Daniel Cuello, Francesca de Martino o Fran e Francesca Farinelli creatrice di ARTeapot, che oltre a rispondere ad alcune delle mie improbabili domande ci hanno permesso di affacciarci sulle loro scrivanie.
Lo studio di Claudia Razzoli
- Cominciamo con la domanda più classica: in cosa l'organizzazione del tuo spazio di lavoro rispecchia te e in cosa le tue opere?
Torti- Vogliamo veramente fare il test psicologico "riconosci un artista dalla sua scrivania"? Sul serio? Ok, facciamolo. Sono un egocentrico, come tutti quelli che fanno questo lavoro. Se qualcuno ti dice il contrario sta mentendo. Perciò spesso il desktop del mio pc è un mio disegno. Ah, non parlavamo di quella "scrivania"? Ok...
Sono ossessivo compulsivo, ma la mia postazione è solitamente un casino disordinato e confusionario. Il che vuol dire non sono ossessivo compulsivo a livello patologico. Sono territoriale e odio che si tocchino le cose sulla mia scrivania. Nel nostro studio ho istituito un regime di terrore. Chiedete pure a quelli di Uno Studio in Rosso...
La pigrizia è un altra caratteristica del mio carattere, questo vuol dire che raramente metto in ordine e se ho preso un fumetto per scopiazzarlo, capace resta sul tavolo per i mesi a venire.
Ora tutto questo influenza la mia arte? Non scherziamo, sono un professionista io... Ora però devo andare che sto indietro con il lavoro.
La scrivania di Riccardo Torti
Cuello - L'ordine! Potrà non sembrare ma considero i miei disegni ordinati e puliti. Forse perché quando disegno metto ordine tra le idee. Sulla scrivania mi piace avere poche cose. Ovviamente poi mi ritrovo di tutto e disordinatamente.
Felinia - Il caos è una di quelle cose che sulla mia scrivania non deve mai mancare, perchè è tra disegni vecchi e nuovi che riesco a ritrovare me e le mie idee e crescere insieme ad esse.
Nuke - A volte penso che il mio spazio di lavoro non mi rispecchi per niente, ma solo perchè io so che è tutto perfettamente organizzato. In realtà rispecchia me e i miei fumetti in tutto, visto che per un occhio esterno è molto difficile percepire organizzazione oltre alla grande confusione.
ARTeapot - Ci ho riflettuto parecchio (consumando cioccolatini a raffica) e sono giunta alla conclusione che il comune denominatore sia quella stessa sensazione che dava ogni episodio de “L’Albero Azzurro” quando ero bambina. Ogni cosa che sta sulla mia scrivania, così come ogni cosa che disegno, ha quel ricordo di Scatolone Fabbricone, di fatto all’arrangio con quello che c’è.
Sia che io lavori coi miei cartoncini colorati, sia che io stia sistemando i pennarelli, tutto è un riciclo di altro, sistemato e utilizzato nel modo migliore possibile. Mi sono ritrovata a fare collage e papercut creando vestiti vittoriani da carte di caramella e vecchi pacchi regalo, così come utilizzo orgogliosamente una vecchia scatola dell’Orzoro come portapenne. Tutto era già qualcosa di vecchio, che poi è diventato qualcosa di nuovo. Vecchi ritagli di carta, vecchie scatole di cioccolatini, nuovi spazi creativi e nuovi disegni. Non si butta via niente, tutto ha colore, tutto ha una doppia vita. Allo stesso modo, tutto è molto pieno! Sia la scrivania che i disegni stessi. Infatti mi trovo a colorare tavole pienissime di dettagli, costretta in un angolino di tavolo perché ho riempito tutto lo spazio con altro. Affastello colori, fogli, scatole, quaderni; così come affastello idee, soggetti e particolari in ogni disegno.
Fran - In niente, spero! Cerco sempre di mantenere il piano di lavoro quanto più sgombro ed asettico possibile. Al contrario di quanto sento dire da molti colleghi su come il disordine stimoli la loro creatività, io non riesco a concentrarmi su quello che sto facendo se sono circondata da cose che potrebbero stare su scaffali o dentro cassetti.
Parliamo di "spazi di lavoro". Cosa ti viene in mente???
Cuello - Instagram! Questo perché quando ho costruito il mio spazio di lavoro ho passato giorni a vedere altre scrivanie e laboratori, per ispirarmi. In realtà per me però, lo spazio di lavoro non è altro che un tavolo dove appoggiare la carta, o computer e tavoletta grafica. Può essere anche la cucina, basta solo che il tavolo non dondoli.
Fran - Un foglio A4 bianco. O, più verosimilmente, un file .psd con un livello vuoto. Molto meno romantico, ma di solito è da lì che tutto comincia.
Mostro e Pizzo - Più che di spazio di lavoro, per me si parla di strumenti. Mi spiego meglio, mi piace che il mio spazio di lavoro possa essere contenuto in uno zaino perchè potrebbe capitare l’occasione di dover o voler realizzare qualcosa in qualsiasi momento della giornata.
ARTeapot - L’importante è che ci sia del tè da bere. È vitale e vincolante. Per me lo spazio di lavoro è una sorta di ritiro spirituale in cui avere tutto il tempo del mondo per provare tutti i colori del mondo. Devo poterci stare in pigiama e vestaglia, devo poter gironzolare con la sedia a ruotine perché non ho voglia di usare le gambe, devo poter tenere la televisione accesa sui canali più improbabili o ascoltare la musica ripetendo un brano miliardi di volte. Ma soprattutto, deve essere tutto a portata di braccio. Quando disegno a lungo, alla fine compongo una sorta di cerchio alchemico intorno alla mia sedia. Tutto quello che mi serve è lì, mi basta girare la sedia nella giusta direzione.
Quanto è necessario che uno spazio sia personalizzato?
ARTeapot - Più che “necessario” direi che mi è impossibile contemplare l’esistenza di qualcosa di non personalizzato. Faccio un esempio: quest’estate mi sono ritrovata a lavorare in Inghilterra e la prima, primissima cosa che ho fatto appena seduta alla mia nuova scrivania è stato appendere una fila di post-it colorati davanti a me, corredati con una catenella di graffette. Non riesco a lavorare in un posto non mio. Anche solo in piccola parte, devo poter modificare lo spazio che mi circonda.
Felinia - È necessario fin tanto che la creatività possa emergere!
Torti - Molto. Quei due metri quadri in cui sono seduto tutti i giorni sono la mia casa. E per lavorare bene devo sentirmi a casa. Lavorerei malissimo in una postazione asettica senza essere circondato dalle mie cose!
Mostro e Pizzo - Fondamentale direi, l’ultima volta che ho disegnato con un „arsenale“ che non fosse il mio ho creduto di aver dimenticato come si facesse. Ho personalizzato il mio astuccio e il mio computer provando e scartando strumenti nel corso degli anni, selezionando quelli che mi si adattavano di più, per raggiungere l’equilibrio a cui sono arrivato ora.
Fran - Più che di necessità parlerei di un dato di fatto: è inevitabile che ci si costruisca intorno un “nido” confortevole e ci si circondi di oggetti a noi cari o utili, vale per uno studio come per casa propria, ma per quanto riguarda me non è una condizione fondamentale per lavorare bene.
Nuke - È fondamentale. È un rifugio, prima di tutto.Uno spazio dove si è inattaccabili.
Uno sguardo sugli attrezzi di Paolo Voto
Alla prossima settimana per la seconda parte dell'intervista e per uno sguardo su altre splendide scrivanie!