“Ho visto mia sorella sorridere mostrando tutti i denti, non succede spesso, sai. La gente dice che a Napoli si ride sempre ed è vero. A Napoli si ride sempre anche quando le cose vanno male, anzi soprattutto quando le cose vanno male, ma è una risata con il freno a mano tirato, fa tanto rumore per convincere il mondo che stiamo bene, ma è solo rumore. Oggi no. Annalisa ha 25 anni e scrive ancora sul suo diario segreto, proprio così. Si sono fatte le nove ed è ora di prepararsi; il vestito riposa a pochi passi dal suo letto, è arrivato anche il fotografo. Il bianco del vestito le precipita addosso, i capelli biondi scendono come una cascata d’oro, tutto intorno è un rimbombare di vita e di voci. Due sì. Uno timido, quello di Mario, l’altro deciso, quello di Annalisa. I due sposini, una volta usciti, vengono accolti da una pioggia di riso. Forse questa sarebbe stata la vita di Annalisa Durante oggi, forse questa sarebbe la sua vita, se non cadessero in tanti in quel burrone, se i ragazzi capissero che quel burrone non nasconde una occasione per volare, ma la certezza di una rovinosa caduta. Forse questa sarebbe stata la sua vita oggi se quel maledetto giorno del 27 Marzo 2004 un vigliacco non l’avesse usata come scudo, se quel maledetto giorno del 27 Marzo 2004 non fosse morta a 14 anni, lasciando un diario a metà e tante fontane aperte.”
Una lacrima scende lungo il viso, gli occhi pieni di rabbia e di dolore. Un brivido persistente ed implacabile. Queste le parole pronunciate da Marianita Canfora, rappresentante dell’associazione teatrale Muricena, alla commemorazione di Annalisa Durante tenutasi lo scorso 27 Marzo nella piazza di Forcella. Parole che non necessitano di un commento, ma che lasciano dentro tutti noi una sensazione di vuoto, come se Annalisa fosse figlia un po’ di ogni cittadino, napoletano e non.
È così, oggi qui a Forcella possiamo gridare orgogliosi che Annalisa non è morta invano. Ci sono due scuole, una di Napoli (“Sant’Alfonso Maria dei Liguori”), l’altra venuta sin da Lodi (“Maffeo Veggio”). Ci sono l’assessore Alessandra Clemente e l’assessore Nino Daniele, ci sono persone comuni e tanta speranza. Durante la commemorazione interviene Paolo Miggiano, presidente della Fondazione Polis, che con poche parole mostra a tutti i presenti la sua rabbia radicata nell’anima, perenne e viva. La sua voglia di mettere un punto a questa terribile realtà è indescrivibile, basta guardarlo negli occhi, anche solo per un istante, anche solo di sfuggita. “ In questi luoghi si uccide. Si è ucciso per undici anni. Prima di Annalisa, Maria Teresa Avagliano, Nunzio Pandolfi e Claudio Taglialatela. Noi non dobbiamo essere indifferenti. Nella nostra regione sono stati uccisi 25 bambini e 350 persone. Immaginate che grande vuoto che la criminalità ha lasciato.” Dopo questo spiccato ed energico discorso, si avvicendano tanti interventi. Prende parte il presidente della Commissione d’Inchiesta Anticamorra, Angela Cortese; ancora, il rappresentante provinciale di Libera, Antonio d’Amore e Maurizio Marino dell’associazione “Annalisa Durante”.
Con ammirevole determinazione, quasi al termine dell’incontro, prende parola Alessandra Clemente, Assessore ai Giovani del Comune di Napoli. Ribadisce l’impegno quotidiano, che lei, insieme al suo staff e insieme a tutti i membri delle Istituzioni , alle forze dell’ordine e agli organi magistratuali, compiono sul territorio campano. Avvalora la sua partecipazione sottolineando quanto sia importante la presenza di tutti a questa battaglia di cittadinanza e di normalità e di quanto sia imprescindibile avere una forza sociale, netta e coesa. “Il rumore degli spari fa paura, ma il silenzio ancora di più”. La “divina indifferenza”, come la chiama Montale, fa male, uccide, uccide lentamente la nostra città; “non deve essere così”, dice Alessandra, “Napoli deve profumare di vita”.
Solo grazie all’impegno sociale di tutti noi, ogni singolo giorno, solo se ogni singolo coltiverà dentro di sé questi valori, allora sì, allora questa “impresa” diventerà realtà. Infine vengono distribuiti degli splendidi fiori a tutti i ragazzi, che li alzeranno poi in cielo, come simbolo di speranza e di futuro perché, come dice Neruda, “potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno la primavera”.