Secondo l’FBI è tra i dieci maggiori ricercati del mondo e secondo Forbes è tra i primi 400 uomini più ricchi del mondo, il nono in Italia. Per chi non lo conoscesse, lui è Matteo Messina Denaro, latitante di Cosa Nostra da quando aveva 31 anni, uno dei criminali più pericolosi del mondo e padrino della mafia siciliana.
Si è schierato contro di lui, contro la mafia, Giuseppe Cimarosa, suo cugino di secondo grado. La sua passione civile è invidiabile, data la scomoda situazione di parentela con il rinomato boss.
“Mi sentivo inconsciamente colpevole per il semplice fatto di essere un suo parente, a 15 anni mio padre venne arrestato per favoreggiamento e collisione nei confronti della famiglia Messina Denaro. Mio padre, incastrato in questa rete, ha deciso di diventare collaboratore di giustizia. Non riuscivo a tollerare certi meccanismi vicini alla mia famiglia. Dico ai giovani che proprio le persone come me devono dare un taglio. Chi sa cosa significa il nero e il marcio che c’è in questo fenomeno deve dare un contributo. Io e mio fratello ci siamo trovati catapultati in un guaio che non ci siamo cercati e che era più grande di noi, ma non ci siamo arresi, anzi ci siamo rimboccati le maniche. Io non ho paura, ho più paura del non essere ascoltato.”
Queste le parole toccanti e cariche di significato di Giuseppe Cimarosa, che ci fanno capire ancor di più di quanto la realtà mafiosa sia uno scenario che riguarda tutta la società, da cui nessuno può sentirsi escluso. È inevitabile non interrogarci su come la Mafia sia cambiata, come si sia evoluta nel tempo. Possiamo definirla, oggi, “mafia intelligente”.
Una mafia che fonda il suo potere sul mercato della prostituzione e degli stupefacenti, un’agenzia che offre beni e servizi intorno alla quale c’è un flusso monetario spaventoso. Basti pensare a Milano, dove la mafia gestisce lo smaltimento dell’amianto(sostanza cancerogena). La mafia non sottrae energie, ma agevola. Non si incentra più sull’estorsione, ma sulla protezione, sul sostegno delle attività imprenditoriali.
Nel momento in cui le banche non concedono finanziamenti ad aziende in crisi, l’unica soluzione per gli imprenditori per evitare il fallimento sono le organizzazioni criminali. Addirittura, alcune grandi banche, come garanzia del capitale dato in prestito, cercano di assicurarsi che l’imprenditore stesso abbia scopi di riciclaggio, insomma che faccia parte del sistema. Conviene, semplice.
La sensazione che si ha è che non vi sia più una risonanza sociale riguardo questo fenomeno. Si ha la percezione che sia solo un argomento di cronaca giudiziaria, un argomento che non riguarda il Paese intero, ma minoranze. Le notizie passano, non pesano più, non fanno più clamore. Ci siamo assuefatti, pericolosamente. Dovremmo essere un po’ tutti “Giuseppe Cimarosa”, dovremmo ascoltare e prendere esempio dalle sue parole: “Tutte le persone dovrebbero fare qualcosa, perché ognuno di noi può fare qualcosa”.
Doveroso pensarci su.