Berlinale 2016: le declinazioni dell'amore in tre film

Sabato, 13 Febbraio 2016 09:58
  

La seconda giornata del Festival di Berlino è stata un inno alle diverse sfumature dell'amore o, se volete, all'idea che la ricerca della felicità passi dal vivere davvero tale complesso e contraddittorio sentimento. La giornata è iniziata con la proiezione del film tunisino in concorso “Hedi”, in cui lo spettatore può apprezzare il cambiamento della Tunisia in seguito alla “Primavera Araba” come soprattutto vivano adesso i giovani arabi. L’occhio della telecamera, in particolare, è puntato sul venticinquenne Hedi, agente di vendita della Peugeot che, sebbene prossimo alle nozze, vive ancora in casa con la soffocante e petulante madre, schiacciato dall’ombra del bravo e talentuoso fratello maggiore che abita all’estero. Hedi, se vogliamo definirlo, è un bamboccione tunisino apatico, in apparenza non ha sogni né prospettive. La sua vita è già scritta senza che lui abbia né la forza né il desiderio di intervenire. Questa vita senza sussulti e brividi cambia improvvisamente quando Hedi conosce la bella danzatrice Rim durante una sera in un albergo. Hedi è subito colpito dallo spirito libero della ragazza e, per la prima volta nella sua vita, decide di seguire l’istinto iniziando una breve e intesa storia d’amore. La scelta di Hedi provoca inevitabili reazioni nella sua famiglia e soprattutto in sua madre, ben poco disposta ad accettare l’intraprendenza del figlio. Il film, seppure di taglio televisivo, presenta una discreta freschezza narrativa e uno stile registico che porta lo spettatore a incuriosirsi per la storia e in qualche modo a tifare per la voglia di libertà del protagonista. Il testo è ben scritto, semplice, magari con qualche caduta di ritmo e di forza narrativa nella parte centrale della storia, riuscendo comunque a regalare un discreto pathos narrativo. È apprezzabile sul piano recitativo ed emozionale la perfomance di Majd Mastoura nel ruolo di Hedi. Il finale, non scontato, pone allo spettatore l’interrogativo se sia più vincolante e forte l’amore per una donna o quello nei confronti di una madre e si sorride pensando a come in tale dubbio valga anche in Tunisia, nonostante la rivoluzione culturale. Per "Hedi" il biglietto d’acquistare è: Di pomeriggio. Il secondo film visto nella giornata e sempre nella categoria "Concorso” è stato “Midnight Special” di Jeff Nichols con Michael Shannon, Joel Edgerton, Kristen Dunst e Adam Driver. Un cast di stelle per una “super cazzola stellare”. Non voglio usare ricercati giri di parola per commentare un film che, sicuramente, quando lo vedrete nelle sale italiane griderete al capolavoro, ma visto qui in anteprima a Berlino ha lasciato nel pubblico più di una perplessità. Jeff Nichlos ha voluto rischiare, puntando a mescolare più temi e volendo creare un’atmosfera e tensione narrativa atipica per il classico genere fantasy. Questa sua legittima ambizione autoriale l’ha portato a mettere in scena un “papocchio” narrativo che è difficile da collocare, che contemporaneamente strizza l’occhio al New age, al misticismo e al mondo degli alieni. Il testo racconta l’amore di un padre (Shannon) e di una madre (Dunst) che sono disposti a qualsiasi sacrificio e rinuncia pur di tutelare e vedere in salute il loro unico figlio di otto anni Roy. Accettando anche che il figlio sia inspiegabilmente di un altro mondo e che debba dunque ritornare tra i suoi simili. Racconta l’amore di Lucas (Edgerton), che decide di fidarsi e di aiutare il vecchio amico nella sua drammatica fuga, on the road, lungo l’America. Non mancano figure maldestre e borderline da Fbi da film e misteriosi e pericolosi adepti di oscure sette, disposti a tutto pur di mettere le mani su Roy che tanto ci hanno ricordato il protagonista di “Uno sceriffo extra terrestre” con Bud Spencer, quello sì un vero cult. “Midnight special” presenta un testo nel complesso contorto, poco chiaro e incapace di attrarre e incuriosire lo spettatore e una regia creativa, ma troppo autoreferenziale. Un film che di speciale ha il mal di testa che è sopraggiunto allo spettatore al termine della proiezione, oltre alla certezza che per codesta visione il biglietto è 'neanche regalato'. Infine, il terzo e ultimo film della giornata, sempre nella categoria “Concorso”, è stato il francese “Boris senza Beatrice” di Denis Cotè, in cui il pubblico fa la conoscenza di Boris Malinosky, uomo apparentemente di successo, arrogante e spavaldo, ma con una vita privata difficile a causa della depressione che ha colpito da qualche tempo l’amata moglie Beatrice. Boris però è anche un donnaiolo impenitente, ha una bella amante con cui trascorre delle piacevoli e passionali nottate e ciononostante non esita a sedurre anche la giovane infermiera della moglie. Il film parte da un’idea originale mettendo sulla bilancia e soppesando, da una parte il gretto egoismo di uomo, dall’altra i doveri verso la propria compagna e famiglia. L’autore si sforza, con discreta abilità, di mostrare il dubbio etico che deve affrontare il protagonista rappresentando, in maniera originale , i suoi dubbi sotto forma di personaggi allegorici e surreali con cui hanno inizio dei dialoghi alla lunga sfiancati e logorroici sui massimi sistemi. James Hyndman piace e convince nel ruolo di Boris, fornendo prova di personalità e carisma e soprattutto rivelando una forte presenza scenica e fisica. Anche il resto del cast è di buon valore e talento e riesce a rendere credibili i personaggi. È il testo che ben presto perde colpi diventando caotico e incomprensibile, perdendosi in futili e noiosi sofismi. La regia, sebbene sia di taglio televisivo, è sicuramente particolare e in parte visionaria e surreale, anche se mostra evidenti limiti sul piano del ritmo e non garantisce un costante ed equilibrato pathos narrativo. Il finale è in chiave “Family Day” e in qualche modo potrebbe essere gradito a una fascia di pubblico. Per noi, il biglietto d’acquistare è, invece: “Omaggio”.

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